Card. Carlo Caffarra - Intervista a Il Foglio del 15 marzo 2014

La Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II è al centro di un fuoco incrociato. Da una parte si dice che è il fondamento del Vangelo della famiglia, dall'altra che è un testo superato che non tiene conto delle questioni legate alla sessualità emerse nell'ultimo trentennio. E' pensabile un suo aggiornamento?

Se si parla del gender e del cosiddetto matrimonio omosessuale, è vero che al tempo della Familiaris Consortio non se ne parlava. Ma di tutti gli altri problemi, soprattutto dei divorziati risposati, se ne è parlato lungamente. Di questo sono un testimone diretto, perché ero uno dei consultori del Sinodo del 1980. Dire che la Familiaris Consortio è nata in un contesto storico completamente diverso da quello di oggi, non è vero. Fatta questa precisazione, dico che prima di tutto la Familiaris Consortio ci ha insegnato un metodo con cui si deve affrontare le questioni del matrimonio e della famiglia. Usando questo metodo è giunta a una dottrina che resta un punto di riferimento ineliminabile. Quale metodo? Quando a Gesù fu chiesto a quali condizioni era lecito il divorzio – della liceità come tale non si discuteva a quel tempo –, Gesù non entra nella problematica casuistica da cui nasceva la domanda, ma indica in quale direzione si doveva guardare per capire che cosa è il matrimonio e di conseguenza quale è la verità dell'indissolubilità matrimoniale. Era come se Gesù dicesse: 'Guardate che voi dovete uscire da questa logica casuistica e guardare in un'altra direzione, quella del "Principio". Cioè: dovete guardare là dove l'uomo e la donna vengono all'esistenza nella verità piena del loro essere uomo e donna chiamati a diventare una sola carne. In una catechesi, Giovanni Paolo II dice: "Sorge allora – cioè quando l'uomo è posto per la prima volta di fronte alla donna – la persona umana nella dimensione del dono reciproco la cui espressione (che è l'espressione anche della sua esistenza come persona) è il corpo umano in tutta la verità originaria della sua mascolinità e femminilità". Questo è il metodo della Familiaris Consortio.

Qual è il significato più profondo e attuale della Familiaris Consortio?

Per avere occhi capaci di guardare dentro la luce del "Principio", Familiaris Consortio afferma che la Chiesa ha un soprannaturale senso della fede, il quale "non consiste solamente o necessariamente nel consenso dei fedeli. La Chiesa, seguendo Cristo, cerca la verità, che non sempre coincide con l'opinione della maggioranza. Ascolta la coscienza e non il potere. E in questo difende i poveri e i disprezzati. La Chiesa può apprezzare anche la ricerca sociologica e statistica, quando si rivela utile per cogliere il contesto storico. Tale ricerca per sé sola, però, non è da ritenersi espressione del senso della fede" (FC 5). Ho parlato di verità del matrimonio. Vorrei precisare che questa espressione non denota una norma ideale del matrimonio. Denota ciò che Dio con il suo atto creativo ha inscritto nella persona dell'uomo e della donna.  Cristo dice che prima di considerare i casi, bisogna sapere di che cosa stiamo parlando. Non stiamo parlando di una norma che ammette o non eccezioni, di un ideale a cui tendere. Stiamo parlando di ciò che sono il matrimonio e la famiglia. Attraverso questo metodo la Familiaris Consortio, individua che cosa è il matrimonio e la famiglia e quale è il suo genoma – uso l'espressione del sociologo Donati –, che non è un genoma naturale, ma sociale e comunionale. E' dentro questa prospettiva che l'Esortazione individua il senso più profondo della indissolubilità matrimoniale (cf FC 20). La Familiaris Consortio quindi ha rappresentato uno sviluppo dottrinale grandioso, reso possibile anche dal ciclo di catechesi di Giovanni Paolo II sull'amore umano. Nella prima di queste catechesi, il 3 settembre 1979, Giovanni Paolo II dice che intende accompagnare come da lontano i lavori preparatori del Sinodo che si sarebbe tenuto l'anno successivo. Non l'ha fatto affrontando direttamente temi dell'assise sinodale, ma dirigendo l'attenzione alle radici profonde. E' come se avesse detto, "Io Giovanni Paolo II voglio aiutare i padri sinodali. Come li aiuto? Portandoli alla radice delle questioni". E' da questo ritorno alle radici che nasce la grande dottrina sul matrimonio e la famiglia data alla Chiesa dalla Familiaris Consortio. E non ha ignorato i problemi concreti. Ha parlato anche del divorzio, delle libere convivenze, del problema dell'ammissione dei divorziati risposati all'eucaristia. L'immagine quindi di una Familiaris Consortio che appartiene al passato; che non ha più nulla da dire al presente, è caricaturale. Oppure è una considerazione fatta da persone che non l'hanno letta.

Molte conferenze episcopali hanno sottolineato che dalle risposte ai questionari in preparazione dei prossimi due Sinodi, emerge che la dottrina della Humanae Vitae crea ormai solo confusione. E' così, o è stato un testo profetico?

Il 28 giugno 1978, poco più di un mese prima di morire, Paolo VI diceva: "Della Humanae Vitae, ringraziarete Dio e me". Dopo ormai quarantasei anni, vediamo sinteticamente cosa è accaduto all'istituto matrimoniale e ci renderemo conto come è stato profetico quel documento. Negando la connessione inscindibile tra la sessualità coniugale e la procreazione, cioè negando l'insegnamento della Humanae Vitae, si è aperta la strada alla reciproca sconnessione fra la procreazione e la sessualità coniugale: from sex without babies to babies without sex. Si è andata oscurandosi progressivamente la fondazione della procreazione umana sul terreno dell'amore coniugale, e si è gradualmente costruita l'ideologia che chiunque può avere un figlio. Il single uomo o donna, l'omosessuale, magari surrogando la maternità. Quindi coerentemente si è passati dall'idea del figlio atteso come un dono al figlio programmato come un diritto: si dice che esiste il diritto ad avere un figlio. Si pensi alla recente sentenza del tribunale di Milano che ha affermato il diritto alla genitorialità, come dire il diritto ad avere una persona. Questo è incredibile. Io ho il diritto ad avere delle cose, non le persone. Si è andati progressivamente costruendo un codice simbolico, sia etico sia giuridico, che relega ormai la famiglia e il matrimonio nella pura affettività privata, indifferente agli effetti sulla vita sociale. Non c'è dubbio che quando l'Humanae Vitae è stata pubblicata, l'antropologia che la sosteneva era molto fragile e non era assente un certo biologismo nell'argomentazione. Il magistero di Giovanni Paolo II ha avuto il grande merito di costruire un'antropologia adeguata a base dell'Humanae Vitae. La domanda che bisogna porsi non è se l'Humanae Vitae sia applicabile oggi e in che misura, o se invece è fonte di confusione. A mio giudizio, la vera domanda da fare è un'altra.

Quale?

L'Humanae Vitae dice la verità circa il bene insito nella relazione coniugale? Dice la verità circa il bene che è presente nell' unione della persone dei due coniugi nell'atto sessuale? Infatti, l'essenza delle proposizioni normative della morale e del diritto si trova nella verità del bene che in esse è oggettivata. Se non ci si mette in questa prospettiva, si cade nella casuistica dei farisei. E non se ne esce più, perché ci si infila in un vicolo alla fine del quale si è costretti a scegliere tra la norma morale e la persona. Se si salva l'una, non si salva l'altra. La domanda del pastore è dunque la seguente: come posso guidare i coniugi a vivere il loro amore coniugale nella verità? Il problema non è di verificare se i coniugi si trovano in una situazione che li esime da una norma, ma, qual è il bene del rapporto coniugale. Qual è la sua verità intima. Mi stupisce che qualcuno dica che l'Humanae Vitae crea confusione. Che vuol dire? Ma conoscono la fondazione che dell'Humanae Vitae ha fatto Giovanni Paolo II? Aggiungo una considerazione. Mi meraviglia profondamente il fatto che, in questo dibattito, anche eminentissimi cardinali non tengano in conto le 134 catechesi sull'amore umano. Mai nessun Papa aveva parlato tanto di questo. Quel Magistero è disatteso, come se non esistesse. Crea confusione? Ma chi afferma questo è al corrente di quanto si è fatto sul piano scientifico a base di una naturale regolazione dei concepimenti? E' al corrente di innumerevoli coppie che nel mondo vivono con gioia la verità di Humanae Vitae?

Anche il cardinale Kasper sottolinea che ci sono ci sono grandi aspettative nella Chiesa in vista del Sinodo e che si corre il rischio di "una pessima delusione" se queste fossero disattese. Un rischio concreto, a suo giudizio?

Non sono un profeta né sono figlio di profeti. Accade un evento mirabile. Quando il pastore non predica opinioni sue o del mondo, ma il Vangelo del matrimonio, le sue parole colpiscono le orecchie degli uditori, ma nel loro cuore entra in azione lo Spirito Santo che lo apre alle parole del pastore. Mi domando poi delle attese di chi stiamo parlando. Una grande rete televisiva statunitense ha compiuto un'inchiesta su comunità cattoliche sparse in tutto il mondo. Essa fotografa una realtà molto diversa dalle risposte al questionario registrate in Germania, Svizzera e Austria. Un solo esempio. Il 75% della maggior parte dei Paesi africani è contrario all'ammissione dei divorziati risposati all'eucaristia. Ripeto ancora: di quali attese stiamo parlando? Di quelle dell' Occidente? E' dunque l'Occidente il paradigma fondamentale in base al quale la Chiesa deve annunciare? Siamo ancora a questo punto? Andiamo ad ascoltare un po' anche i poveri. Sono molto perplesso e pensoso quando si dice che o si va in una certa direzione altrimenti sarebbe stato meglio non fare il Sinodo. Quale direzione? La direzione che, si dice, hanno indicato le comunità mitteleuropee? E perché non la direzione indicata dalle comunità africane?

(continua)