S. Messa per i malati davanti alla Madonna di San Luca

Omelia del Card. Biffi

In questa settimana benedetta e ricca di grazia, la dolce Signora della nostra città, la Madonna di San Luca, accoglie con benevolenza materna tutta la varia comunità bolognese che quasi a ondate successive, giorno dopo giorno, viene a contemplare il suo volto e a pregarla.
Ma certo con occhi di particolare predilezione guarda voi, carissimi ammalati: vi guarda come i figli più cari, perché in chi è gravato dai mali scorge con più immediata evidenza i lineamenti del suo Unigenito crocifisso e risorto.
Oggi la Madre di Gesù vi incoraggia soprattutto ad amare: perché amando si può sopportare meglio ogni disagio, amando si arriva a percepire il senso e il valore della sofferenza, amando ci si scopre creature preziose al cospetto di Dio e capaci di operare il bene, nonostante ogni debolezza e ogni forzata esteriore inattività.
Anche nella pagina evangelica che abbiamo ascoltato il Signore ci ha parlato d’amore. Se uno mi ama - ci ha detto - tutto il suo essere si trasforma; e, nonostante la sua connaturale fiacchezza e le molte tentazioni, gli riesce di fare quella volontà del Padre notificatagli dal mio insegnamento: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola" (Gv 14,23).
Quest’amore operoso non resta senza corrispondenza: "Il Padre mio lo amerà" (Ib.), ci è stato assicurato dal nostro Salvatore. Avviene cioè una specie di prodigio: Dio con tutta la sua splendida infinità e l’uomo con tutta la sua miseria vengono coinvolti in un unico gioco di sentimenti e di affetti; si donano vicendevolmente e si fanno compartecipi della stessa vita, accomunati in un’unica ebbrezza.
Perché questa reciproca connessione, anzi questa unificazione spirituale, è il miracolo che investe e connette tra loro quelli che si amano.
E c’è un secondo prodigio. Coloro che si amano non possono vivere estranei e lontani. Perciò Gesù e il Padre suo vengono ad abitare nel nostro cuore. E’ qualcosa di incredibile; ma ci è stato garantito da colui che è la verità stessa e ha solo parole che non illudono: "Noi - ci ha detto il Signore - verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).

"Prenderemo dimora presso di lui": l’essere umano - con tutta la sua povertà e il suo degrado - diventa come un tempio, rifulgente di bellezza e di santità al cospetto degli angeli. E ognuno di noi - che pure vive un’esistenza spesso afflitta e avvilita - se sa lasciarsi prendere e affascinare da questa mirabile prospettiva di fede, trova dentro di sé, nel suo intimo, quasi una specie di Paradiso dove può intrattenersi con le Tre Persone divine, così come Adamo ed Eva, ancora innocenti potevano incontrarsi col Signore "che passeggiava nel giardino di Eden alla brezza del giorno" (cf Gentile 3,8).
Tutto in questa luce si trasfigura. Non c’è più solitudine che possa rattristare, quando si è certi che per amore il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono sempre in noi. E’ una fortuna insperata quella di essere davvero gli ospiti desiderati di Dio; una fortuna che ci può consolare in ogni disagio e in ogni abbandono.
Avete sentito che Gesù chiama appunto con il bel nome di "Consolatore" lo Spirito Santo che, mandato dal Padre nel nome di Cristo (cf Gv 14,26), viene anche lui nell’animo nostro a "insegnarci ogni cosa" e "a ricordarci ciò che il Signore ci ha detto" (ib.).
Che cosa ci ha detto il Signore? Il Signore - lo abbiamo ascoltato - ci ha rivelato soprattutto la legge dell’amore, per cui chi ama Dio è da lui riamato; e chi è amato da Dio entra con lui in un’intimità che lo ripaga da tutte le angosce e da tutte le delusioni che può sperimentare nel suo pellegrinaggio terreno.
Comprendiamo allora - e ci tocca fin nel profondo . l’ammonimento rasserenante del Figlio di Dio: "Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Gv 14,27).
Non che non ci siano ragioni di turbamento in tutto ciò che quotidianamente dobbiamo incontrare. Qualche volta il turbamento ci deriva proprio dal non capire perché si debba soffrire in una misura che ci pare veramente immeritata. Non che non ci siano motivi umani di timore, quando pensiamo ai giorni che dovranno venire e alle prove che ancora ci attendono.
Ma ogni turbamento e ogni timore è superato e, per così dire, ammansito nella sua asprezza dalla consapevolezza dell’amore divino che ci è stato donato: un amore che, facendo di ogni malessere una purificazione e una elevazione, ci porta sempre più vicini al Dio che ci ama. Ogni turbamento e ogni timore è come trasceso nella gioia di saperci e di sentirci figli affettuosi che sanno guardare al Padre con sempre rinascente fiducia.
Questo è il messaggio - il messaggio dell’amore - che ci viene dal Vangelo di Gesù. Oggi l’abbiamo raccolto, possiamo dire, dalle labbra stesse della Madre sua e nostra; quella Madre che sul Calvario è stata chiamata ad amare e a soffrire più di ogni altra creatura; ed è perciò colei che più si è conformata al Figlio suo che diventava in quel momento, attraverso il suo dolore, il Redentore del mondo.

È lei il nostro esempio, il nostro aiuto, la nostra speranza.