"Verbum Crucis"

"Gesù  ricordati  di  me  quando  entrerai  nel  tuo  Regno" (Lc 23,42).
O  ladrone,  a  chi  dici:  "il  tuo  Regno"?  Tu  vedi  un crocifisso  e  lo  proclami  re?  Hai  sotto  gli  occhi  lo spettacolo  di  un  uomo  attaccato  a  una  croce  e i  tuoi  pensieri  vanno  al  Regno  dei  cieli?  Senza cessare il tuo mestiere di brigante, dove hai avuto il tempo di leggere le Scritture? Mentre commettevi gli  omicidi,  dove  hai  avuto  il  tempo  di  ascoltare  i profeti? Tutti i giorni eri occupato a versare il sangue dei tuoi fratelli; hai avuto forse il tempo di porgere l'orecchio alla parola di Dio? Chi ti ha insegnato a diventare filosofo? La croce, lo strumento del tuo supplizio, ti fa riconoscere e proclamare il trionfo di Cristo. Benché conoscessero la Legge e i profeti, i Giudei lo crocifiggono; e tu, che non conosci nulla, né Legge né profeti, vedi il Cristo condannato e lo proclami Dio, lo vedi crocifisso e lo adori. Ma chi te
l'ha insegnato?".
"La Legge non mi ha insegnato niente, i profeti non mi hanno annunciato nulla, ma il Signore che era davanti a me mi ha guardato, e  il  suo  sguardo  mi  ha  spezzato  il  cuore".  (S. Agostino)
Uno  dei  personaggi  che  stupisce  di  più  tra  la variegata umanità che attornia Gesù nella Passione è  sicuramente  il  buon  ladrone.  La  sua  figura  ci  è tramandata  dall'evangelista  Luca,  mentre  il  nome, Dimaco  (o  Dimas)  ci  viene  rivelato  dalla  tradizione apocrifa.
Chi  era  quest'uomo?  Sicuramente  un  emerito delinquente che, per sua stessa ammissione, aveva pienamente  meritato  la  pena  capitale  per  mezzo dell'infamante e dolorosa crocifissione: un brigante, molto probabilmente, un ladro e assassino. Tra tutte le persone che assiepavano la cima del Calvario in quel primo Venerdì Santo, era  sicuramente l'ultimo a  poter  sperare  nel  perdono  e  nella  salvezza.  In fondo ci pare molto più credibile la figura opposta del ladrone impenitente, che impreca e bestemmia contro gli uomini e contro Dio, che non accetta la pur
giusta  condanna  e  trova  l'ultima  fonte  di  perverso divertimento  nell'offendere  il  Signore  Gesù,  suo compagno nella sofferenza.
Ma  se  l'uomo  può  arrivare  ad  abbandonarsi  alla disperazione,  non  così  fa  Dio,  che  fino  all'ultimo prova a riconquistare ciascuna anima. Per questo il Signore Gesù è arrivato fino alla morte di croce: per
poter  raggiungere  l'ultimo  dei  peccatori  e  offrirgli l'infinita misericordia del Padre.
Chissà in quanti modi, durante il processo, Dimaco aveva  negato  ogni  addebito,  ogni  accusa,  ogni testimonianza,  ma  ora,  di  fronte  allo  sguardo  di Gesù,  è  lui  stesso  a  confessare  la  propria  miseria e  il  proprio  peccato.  Ciò  ha  fatto  di  lui  il  primo "pentito"  della  storia,  senza  ottenere  con  ciò sconti di pena, garanzie o protezioni, ma qualcosa di  ben  più  importante,  almeno  per  un  cristiano:  il perdono e l'ingresso immediato in paradiso. E con una  procedura  "per  direttissima"  che  rasserena e  conforta:  da  quel  momento  in  poi  nessuno,  per quanto male abbia utilizzato i suoi giorni quaggiù,
può  dubitare  di  ottenere  il  perdono  e  di  salvare l'anima.  A  condizione  che  abbia  il  coraggio  di gridare ad alta voce la sua fede in Cristo, confessare umilmente i suoi peccati, sperare che anche per lui ci sia un posto nel "suo Regno".
Don Giovanni Bonfiglioli

Don Giovanni Bonfiglioli, da "La Voce che chiama - Aprile 2012"