Don Guido Franzoni a 65 anni dal suo arrivo in parrocchia

Appunti per una biografia persicetana

Don Guido

Dal dopoguerra ad oggi solo tre parroci si sono avvicendati nella parrocchia di San Giovanni Battista, in pratica uno ogni generazione di persicetani.

Prima dell'attuale don Giovanni e di don Enrico Sazzini, per 23 anni fra noi vi fu don Guido Franzoni, arrivato nella primavera del 1948, esattamente 65 anni fa.

Da più parti ci viene sollecitato di raccogliere e pubblicare ricordi sulla sua persona e le tante opere a cui si dedicò durante la sua permanenza tra di noi. Molti validi testimoni che l'hanno conosciuto da vicino hanno promesso di mettere per iscritto i loro ricordi per gratitudine a quell'indimenticabile pastore.

Arrivò dunque, don Guido, a sostituire nella conduzione della parrocchia suo fratello Enelio, medaglia d'oro al valor militare, che qui era stato inviato per un paio d'anni come amministratore vescovile. Asciutto di fisico, franco e sincero nei rapporti, lo sguardo ridente, senza compromessi e pigrizie. Sacerdote dalla vita sobria, ascetica, tante ore trascorse in preghiera ed adorazione, altrettante in confessionale, in ritiri ed iniziative spirituali e di pietà.

Apparentemente riservato, nelle gite parrocchiali, in occasioni conviviali e in escursioni e gite alpinistiche rivelava aspetti di umanità ed amicizia non comuni.

Tempi duri, forti, anche violenti, rivendicazioni sociali e politiche, appena seguenti le rovine portate dalla guerra, anche civile. Pochi mesi dopo l' insediamento di don Guido, il giovane Giuseppe Fanin cadeva nel suo sangue, colpito a morte, mentre rientrava a casa recitando il rosario. Vi furono negli animi ferite difficili da rimarginare. Tempi quindi anche di ricostruzione morale e civile: necessità di dare assistenza, conforto spirituale e aiuto materiale ai tanti che ne abbisognavano.

Don Guido aveva dalla sua le armi della preghiera, della cultura e dell' amore per il prossimo. I grandi beni in suo possesso, come scrisse il cardinale Biffi, erano di tutti: l'Eucarestia e l'Altare.

Le opere di misericordia, spirituali e materiali, vennero dal parroco compiute nella loro intera gamma, anche con l' aiuto di tante persone sensibili e generose.

Quotidianamente si recava a visitare e confortare gli ammalati della parrocchia. Donava discretamente vestiario a chi ne aveva necessità. Si preoccupava che venisse data sepoltura ai corpi insepolti per le ancor recenti lotte fratricide, spinto dalla stessa 'pietas' cristiana che animava il fratello Enelio nel riportare dalla Russia i resti dei commilitoni là caduti, per affidarli alle preghiere dei loro cari.

E tanta preoccupazione aveva per favorire localmente la creazione di posti di lavoro: quante visite negli uffici appositi per ottenere in loco l'insediamento di nuove fabbriche oppure perché l' istituto di addestramento al lavoro scegliesse Persiceto per una sua sede. I nostri giovani dovevano aver la possibilità di prepararsi adeguatamente al futuro. Con l'aiuto delle suore dell'Opera Madonna del Lavoro e di personale laico si adoprò, concedendo aule apposite, per l'attivazione di analoghi corsi femminili.

Non si vergognava di chiedere a chi era benestante un aiuto per le necessità concrete dei parrocchiani. Come quella volta che interpellò l'industriale Tamburi. Gli chiese a sorpresa, ottenendo una risposta positiva e forse inaspettata anche per lui, di acquistare e poi regalare il terreno per farvi insediare il centro dell'Inapli. Oltre all'edificio e sue pertinenze si poté così costruire là accanto anche un campo sportivo per i giovani ed il primo nucleo della raccolta 'Emmaus', poi allargatasi con don Enrico nel centro missionario, dopo i suoi primi viaggi in terra d'Africa negli anni "60.

Naturalmente non si può sottacere la creazione della casa del lavoratore cristiano, dedicata a G.Fanin. Prima il grande cine teatro ed in seguito il bar e le ampie e moderne strutture per l'insegnamento dei principi cristiani, per scuole, cultura, sedi di organizzazioni di volontariato e anche alloggio temporaneo per bisognosi.

Alla ricerca di finanziamenti per la realizzazione del 'complesso' Fanin, don Guido viaggiò tante notti per effettuare di primo mattino visite ai ministeri romani ed alla curia vaticana. Anche i parrocchiani naturalmente furono educati a contribuire, e lo fecero con convinzione, trainati dall'entusiasmo del loro parroco.

Per i ragazzi, numerosissimi in quell'epoca nel cortile della Sede, oltre a farli seguire da due grandissimi e tuttora amati cappellani, prima don Novello Pederzini e poi don Giovanni Volpato, volle le colonie estive a S.Orsola ed in altre località trentine.

Fu oratore e scrittore sobrio ed incisivo. Uomo di ottima cultura umanistica e sociale, rimase affascinato dalle opere sociologiche dei cattolici francesi Mounier e Maritain, leggendo i testi originali nella lingua da lui perfettamente conosciuta.

Ispirandosi a quelle letture, era di sprono ai giovani perché si impegnassero per 'dovere cristiano' nei sindacati, nelle Acli ed anche nei partiti politici. Numerosi furono gli amministratori e dirigenti (anche nazionali) che si formarono in Sede, e non solo verso i partiti e sindacati che allora fiancheggiavano le direttive della Chiesa.

Da ultimo, in questa carrellata di semplici e rapidi appunti, non possiamo tralasciare il rinnovamento degli organi antichi della Collegiata per unificarli in un solo imponente organo a tre tastiere. Don Guido volle venisse realizzata tale opera per dare accompagnamento adeguato ai cori impegnati nella liturgia e anche per indurre dei giovani allo studio dello strumento principe della Chiesa. Da allora molti musicisti si sono formati sulle tastiere del nostro organo e una decina sono divenuti concertisti e docenti nei conservatori musicali italiani.

Si faceva guidare dalla Verità che trovava in Cristo ed ogni sua azione pratica e pastorale fu una conseguenza logica della sua Fede e della ricerca piena e disinteressata della volontà di Dio. Sempre rispettoso degli insegnamenti del Papa, la sua permanenza a Persiceto coincise quasi totalmente con quella del cardinal Lercaro alla guida della nostra diocesi. Ne seguì e condivise sempre con obbedienza le direttive; dall' esecrazione della repressione operaia e studentesca in Ungheria all'applicazione puntuale dei dettami liturgici del Concilio Vaticano II.

Dopo tanti anni di responsabilità gravosa e gratificante chiese ripetutamente ed umilmente al successore di Lercaro, il vescovo Poma, che gli fosse affidata una parrocchia di poche centinaia di fedeli. All'inizio del 1971 fu accontentato, ma la sua azione di carità e di evangelizzazione lo portò ad impegnarsi senza sosta nella nuove sedi in una serie di nuove iniziative missionarie, pastorali e caritatevoli fino al termine della sua vita, il 1° maggio 1997.

L'Amministrazione comunale della nostra città gli aveva conferito nel 1993 la cittadinanza onoraria di cui fu lieto e riconoscente. Volle essere sepolto, in segno del tanto suo affetto per noi ('Persicetano fui e resterò', lasciò scritto nel suo testamento spirituale) nella nuda terra del nostro vecchio cimitero. La sua tomba è sempre arricchita da fiori della riconoscenza per il bene più grande che ci ha elargito: il poter godere del suo ministero di sacerdote, guida e pastore


A cura di Giorgio Veronesi, "La voce che chiama, Pasqua 2013"