La Collegiata di San Giovanni:

continuità dopo un millennio di storia

Per trattare della storia della Collegiata di San Giovanni Battista in San Giovanni in Persiceto è necessario fare un tuffo nel passato, un salto nell’Alto Medioevo, per vedere come era l’organizzazione delle comunità cristiane in quei tempi, dopo la cristianizzazione delle campagne avvenuta all’incirca tra il IV e il VII secolo.
Ebbene, per prima cosa, bisogna dire che non esistevano le parrocchie che nasceranno nel tardo Medioevo e saranno poi consolidate dopo il Concilio di Trento. Certo erano presenti molte chiese e cappelle: alcune dipendevano da monasteri, altre erano private ed altre ancora erano sottoposte al vescovo. Queste ultime erano organizzate attorno ad alcune chiese principali dette pievi. La parola pieve deriva dal latino plebs che nell’Alto Medioevo indicava la plebs Dei (il popolo di Dio, nel senso di tutti i cristiani o dei cristiani di una singola comunità). Poi gradualmente il termine venne attribuito alle ecclesiae baptismales (chiese battesimali), ossia a quelle chiese con battistero alle quali era sottoposta una circoscrizione territoriale, a volte anche molto estesa, comprendente altre chiese minori che dalla chiesa pievana dipendevano. Le pievi erano molto importanti perché erano le uniche chiese con battistero; erano le chiese matrici di tutte le altre chiese del loro territorio (plebanato) perché dalla loro azione si era diffuso il cristianesimo nelle zone circostanti. Lì ed unicamente lì, nella pieve, nella chiesa madre, tutti ricevevano il battesimo, segno della loro dipendenza spirituale da quel luogo. Infatti se potevano ricevere il battesimo e diventare cristiani, lo dovevano alla chiesa pievana dalla quale era partita l’evangelizzazione. Nella città di Bologna la pieve cittadina era la pieve di San Pietro (la cattedrale), poi vi erano le pievi rurali e di montagna per il resto del territorio diocesano.
Anche la chiesa di San Giovanni in Persiceto era una pieve, ed anche una delle più antiche ed importanti. Come per tutte le 51 pievi della diocesi di Bologna, anche per la pieve di Persiceto non si ha una data certa di fondazione, ma bisogna accontentarsi di vedere quando la sua presenza è attestata nei documenti più antichi sopravvissuti. Nella nostra diocesi la pieve di cui si ha la più antica menzione è quella di Lizzano in Belvedere (sec. VIII), mentre il primo documento sulla pieve di San Giovanni in Persiceto risale all’899, ma la sua autenticità è purtroppo messa in dubbio dagli storici. È invece sicura l’attestazione in un documento del 936. L’antichità della nostra chiesa è supportata anche dalla tradizione che la vorrebbe addirittura fondata da San Zama (ma, evidentemente, di questo non vi sono testimonianze storiche se non quelle delle antiche cronache).
Ma cosa ha a che fare il titolo di Collegiata con quello di Pieve?
Come nella pieve cittadina, anche nelle pievi rurali è presente il clero pievano, ossia un gruppo di chierici che fa vita comune attorno all’arciprete, vive con le rendite derivanti da un patrimonio comune e tra loro indiviso e si occupa del culto e dell’amministrazione dei sacramenti nel territorio pievano.
Nel sec. XI, per impulso della Riforma gregoriana (così denominata perché attuata da papa Gregorio VII), questi gruppi di clero pievano si connotano sempre più in senso monastico e nascono i canonici e i capitoli plebani, sul modello della vita comune del presbyterium (clero del vescovo) che ha le sue origini in quello istituito da S. Agostino fin dal IV sec.
È così che dalle chiese plebane più importanti e che rafforzano e mantengono nel tempo un gruppo di chierici, che nascono le collegiate più antiche. Nei secoli successivi al Medioevo nasceranno anche altre collegiate, ma queste non avranno nulla a che fare con le antiche pievi medioevali. Tra queste possiamo certamente citare la collegiata di Cento che venne eretta solamente nel XVI sec. per dare il dovuto prestigio ad un centro urbano che stava acquistando sempre più importanza.
Detto ciò, spero risulti più facile capire che le attuali collegiate sono chiese officiate da un gruppo di chierici, il capitolo di canonici, e che, come grado di importanza, vengono subito dopo la cattedrale.
Il capitolo è un collegium di sacerdoti istituito nella chiesa cattedrale per renderne più solenne il culto divino ed assistere il vescovo nell’amministrazione della diocesi. Anche nei centri rurali di particolare importanza nascono dei capitoli detti collegiati o collegiatizi o anche capitoli minori. Queste chiese non cattedrali, ma sede di capitolo, prendono il titolo di collegiate.
Anche i canonici della nostra collegiata facevano in origine vita comune. Un documento del 1215 viene infatti stipulato nel refettorio dei canonici della Pieve di S. Giovanni in Persiceto.
La vita comune però non dura a lungo e ben presto si arriva alla ripartizione individuale dei beni patrimoniali e cessa la vita in comune dei canonici: i canonici hanno abitazioni separate e i beni comuni vengono divisi in varie e distinte quote beneficiarie (prebende) per ognuno dei canonici. Il venir meno della vita comune non altera tuttavia la fisionomia e le funzioni dei capitoli.
Tra i compiti dei canonici del capitolo delle collegiate c’è quello del culto solenne della chiesa e alle volte hanno anche cura d’anime. Infatti in alcuni casi le collegiate sono anche parrocchie. L’amministrazione, la cura pastorale e sacramentale di queste parrocchie in passato poteva essere affidata a tutto il capitolo nel suo complesso.
Anche la nostra collegiata è sempre stata parrocchia, affidata però non all’intero capitolo, ma al solo arciprete che contemporaneamente era (ed è ancora oggi) anche la prima dignità (ossia il ‘capo’) del capitolo. Che l’arciprete ricoprisse entrambi gli incarichi non deve stupire, anzi era anche a capo delle varie confraternite presenti in parrocchia (SS.mo Sacramento, Crocifisso, ecc.).
Ben chiara era comunque la distinzione dei diversi ruoli che l’arciprete riuniva nella sua persona. Le attività parrocchiali e quelle del capitolo erano ben divise, tanto che quando la parrocchia organizzava ad esempio una processione, l’arciprete, in qualità di parroco, invitava formalmente per iscritto il capitolo a parteciparvi, pur vedendo presumibilmente ogni giorno di persona i canonici che si recavano in collegiata per l’ufficiatura. In pratica l’arciprete (parroco) scriveva a se stesso arciprete (prima dignità del capitolo).
Ritornando per un momento alla nascita delle pievi medievali, si deve sottolineare quanto il rapporto tra la chiesa e la comunità civile fosse stretto. Venendo infatti a mancare una forte struttura amministrativa pubblica, a causa della dissoluzione dell’Impero romano d’Occidente, solamente l’organizzazione ecclesiastica delle pievi offre alle comunità locali continuità, solidità e certezza. Per questo, pur non rivestendo mai il clero pievano ruoli direttamente amministrativi, le  pievi diventano il luogo con maggior senso di appartenenza, dove vengono redatti e conservati gli atti pubblici, dove si svolgono assemblee, viene amministrata la giustizia ecc.
Anche per la nostra collegiata le relazioni con la società civile sono fin dalle origini strettissimi: erano gli arcipreti ad estrarre i nomi delle diverse cariche della Comunità (ufficiali, consoli e proconsoli) che poi prestavano giuramento davanti all’arciprete proprio il giorno di San Giovanni Battista. Inoltre, per un certo periodo, all’arciprete venne affidata la custodia degli Statuti e dei documenti della Comunità.
Nel sec. XVII la Comunità contribuisce alla costruzione della nuova collegiata e, quando la prima sagrestia si rivela troppo piccola, sempre la Comunità costruisce a sue spese gli attuali locali a fianco della collegiata (nuova sagrestia e sala capitolare). In cambio ottiene il diritto di potersi riunire nel locale della vecchia sagrestia e di porvi il suo stemma, che ancora oggi campeggia sulla porta di ingresso.

Prima di concludere questa presentazione molto generale per cercare di capire meglio cosa sia una collegiata, vorrei aggiungere ancora qualche breve informazione sulla Collegiata di Persiceto.
Tra le collegiate del foraneo, quella di S. Giovanni in Persiceto è la più antica, anche se non si ha una data sicura di erezione del Capitolo collegiale, affondando le sue origini nell’antico clero pievano di cui si è già detto.
Non si sa con precisione assoluta quanti siano inizialmente i canonici del nostro capitolo. Sono sicuramente almeno sei canonici, ma secondo alcune fonti pare che siano stati addirittura sedici. Comunque, come accadeva abitualmente, molti di loro non sono residenti a S. Giovanni e non assolvono in prima persona i loro doveri di officiatura, ma si limitano a percepire le prebende e a pagare altri semplici chierici che officino al loro posto.
Nel 1593 il card. Paleotti vuole riorganizzare il capitolo di S. Giovanni e procede ad una sua ricostituzione e nuova erezione. Ne fanno parte l’arciprete e sei canonici, e vengono create le dignità del decanato e della prepositura (i due canonici più anziani) e i canonici si obbligano ad osservare la residenza.
All’inizio del sec. XVII il capitolo cresce grazie alla munificenza del Comune che fonda quattro mansionerie. Il diritto di nomina dei mansionari (canonici minori ausiliari dell’officiatura) è riservata alla Comunità con preferenza per i partecipanti o figli di partecipanti.
Prima delle soppressioni napoleoniche, da parte di facoltosi persicetani vengono istituiti ben 10 nuovi canonicati, che vengono detti di seconda erezione per distinguerli dai sei canonicati più antichi, detti di prima erezione.
Alla fine del sec. XVIII, con l’arrivo della ‘bufera rivoluzionaria’, inizia per il nostro capitolo un travagliato periodo di soppressioni e ripristinazioni. Infatti Napoleone inaugurerà una sistematica soppressione degli ordini religiosi e dei capitoli per poterne incamerare i beni mobili ed immobili.
Questa sorte colpisce anche il nostro capitolo. Sarà nel 1824, dopo la restaurazione del Governo Pontificio, che si avrà una nuova ricostituzione del capitolo che rimarrà in vita fino al 1867 quando il nuovo Regno d’Italia decreta l’ennesima soppressione della nostra collegiata per impossessarsi dei suoi beni.
All’inizio del XX secolo il capitolo viene ricostituito come onorario e prevede oltre all’Arciprete (che normalmente è la stessa persona che gode del titolo di Arciprete della Parrocchia), un massimo di tredici canonici statutari e sei canonici onorari.
Ad oggi risulta composto dall’Arciprete, sei canonici statutari e un canonico onorario.

Arciprete del Capitolo

Can. Giovanni Bonfiglioli – Arciprete della parrocchia di S. Giovanni Battista in S. Giovanni in Persiceto

Canonici statutari

Can. Carlo Cenacchi – Parroco presso la parrocchia di S. Camillo de Lellis in S. Giovanni in Persiceto
Can. Racilio Elmi – Arciprete presso la parrocchia di S. Mamante in Lizzano in Belvedere
Mons. Ivano Griggio – Parroco emerito della parrocchia di S. Silvestro in Crevalcore
Can. Gaetano Menegozzo – Parroco presso la parrocchia di S. Michele arcangelo di Ganzanigo in Medicina
Can. Sergio Pasquinelli – Parroco presso la parrocchia di S. Giacomo fuori le mura in Bologna
Can. Ernesto Tabellini (decano) – Officiante presso la parrocchia di S. Maria Assunta in Castelfranco Emilia

Canonici onorari

Mons. Amilcare Zuffi – Parroco presso la parrocchia della Madonna del Poggio in S. Giovanni in Persiceto 

Andrea RIsi, da "La Voce che chiama - Natale 2014"