Fate questo in memoria di me

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Un pastorello solo, addolorato,
sta privo di piacere e di contento,
il pensiero alla donna tiene intento,
ha il petto dall'amore lacerato.
       Non lacrima, perché di amore piagato,
       ché non gli pesa di vedersi afflitto,
       quantunque nel suo cuore sia ferito;
       ma piange al sol pensier d'essere obliato;
ché al solo pensier di essere obliato
dalla sua bella donna, con gran pena
si lascia maltrattare in terra aliena,
e il petto dall'amore ha lacerato.
      E dice il pastorello: Ahi, disgraziato
      colui che dal mio amor si è reso assente
      e non vuole godere di me presente!
      E il petto per suo amore ha lacerato.
E dopo un po’ su un albero è salito
dove ha disteso le sue braccia belle
e morto se n'è rimasto appeso a quelle,
e il petto dall'amore lacerato.

(S. Giovanni della Croce, Strofe spirituali su Cristo e l'anima)

Ci apprestiamo a vivere ancora una volta la Grande Settimana, quella che per antonomasia chiamiamo Santa. In questi giorni “rievocheremo e rivivremo – accogliendone tutta la luce e la grazia – i tre giorni centrali e più santi dell’intera storia umana: i giorni in cui siamo stati singolarmente amati, i giorni che ci hanno redento, i giorni che hanno riacceso per gli uomini la speranza di un destino imperituro di fulgore e di gioia. Il protagonista dell’azione salvifica di questi giorni è il Signore Gesù, colui che "avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (cf Gv 13,1): vale a dire, fino a donarsi a noi, attraverso il sacramento del "Corpo dato" e del "Sangue versato", in una arcana ma reale e intima comunione” (card. Biffi).
Proprio nel momento di dare la propria vita in riscatto per i peccatori (ossia per ciascuno di noi!) Gesù era più oppresso dall’indifferenza degli uomini che dalla sua stessa sofferenza. Come dice splendidamente san Giovanni della Croce: Non lacrima, perché di amore piagato, (..) ma piange al sol pensier d'essere obliato. Di fronte al sacrificio d’amore di Gesù si erge quanto mai tragica la tiepidezza degli uomini, che faticano a rendersi conto di essere salvati e scordano facilmente quanto la loro redenzione sia costata.
A perenne memoria del suo sacrificio, Gesù ci ha donato allora l’Eucaristia, che è stata affidata ai suoi apostoli la sera dell’Ultima Cena non perché divenisse un ricordo annuale della Redenzione (come avveniva per la Pasqua ebraica), ma perché fosse la fonte della vita della Chiesa. La celebrazione eucaristica è infatti molto più di un ricordo di un fatto passato e ormai remoto: essa rende presente e operante l’evento che commemora, perché attualizza sull’altare lo stesso sacrificio della Croce.
"Questo è il mio corpo","questo è il calice del mio sangue": le parole sorprendenti di Gesù, pronunciate per la prima volta nel cenacolo, non si sono più spente; risonando sugli altari in ogni tempo e in ogni luogo della terra, continuano a operare il loro prodigio. E in ogni tempo e in ogni luogo suscitano un’emozione, una meraviglia, uno stupore adorante che non può trattenersi dall’erompere nel grido: "Mistero della fede!".
In questo grido si riassume e si manifesta l’intera storia cristiana; in questo grido c’è lo sbigottimento degli apostoli davanti alla prima Eucaristia; c’è il fervore delle comunità delle origini, radunate per la "frazione del pane"; c’è il rapimento estatico di quanti nei secoli sono stati affascinati dall’arcana presenza in mezzo a noi di Cristo e del suo sacrificio. Al centro della vita della Chiesa e di ogni cristiano non vi può pertanto essere altro che la celebrazione eucaristica, nella quale, facendo memoria ed esperienza dell’infinito amore di Dio, impariamo ad amarci gli uni gli altri come Cristo ci ha amato, per sostenerci vicendevolmente sulla strada della salvezza.

In una parrocchia americana, il parroco, decisamente seccato dalle scuse addotte nel corso degli anni dai parrocchiani per non andare a Messa, inserì "I dieci motivi per cui non mi lavo mai" nel bollettino domenicale:

1. Sono stato obbligato quando ero piccolo.

2. Le persone che si lavano sono ipocrite: pensano di essere più pulite degli altri.

3. Ci sono così tanti tipi di sapone, che non so decidere quale sia il migliore.

4. Ero abituato a lavarmi, poi ho cominciato ad annoiarmi ed ho smesso.

5. Mi lavo solo in occasioni particolari, come Natale e Pasqua.

6. Nessuno dei miei amici si lava.

7. Comincerò a lavarmi quando sarò più vecchio e più sporco.

8. Non riesco a trovare il tempo.

9. Il bagno non è mai caldo abbastanza in inverno o fresco a sufficienza in estate.

10. I produttori di sapone cercano solo i tuoi soldi.

Don Giovanni Bonfiglioli, da "La Voce che chiama - Pasqua 2015"