"Ergerti un trono vicino al sol..."

Le quarantore: una Comunione più forte della morte

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Le Quarantore sono una tradizione molto ricca di significato e per chi le vive con fede sono sicuramente un momento molto prezioso, intimo, particolare.
Gesù Eucaristia posto su di un trono regale, svettante ma anche esposto, visibile a tutti. Gli oranti occasionali che entrano in chiesa per sbaglio o che magari vi entrano sospinti dalla rabbia verso di Lui per una disgrazia della loro vita che non sanno come e dove collocare, oppure per coloro che con buona volontà e dedizione amano stare in compagnia del Salvatore e pregarlo per se stessi e per tutti.
Anche quando sono celebrate in momenti diversi, la tradizione le fa nascere dal triduo pasquale,  come una risonanza del periodo trascorso da Gesù nel sepolcro. Diventano così una contemplazione nella fede davanti al silenzio del sepolcro del Signore.
Per 40 ore il Signore sembra sconfitto, la morte sembra aver vinto; il tempo più buio dell’umanità, quelle 40 interminabili ore diventano una veglia di amore e di luce, una invocazione all’amato, la dolcissima nostalgia dell’anima per il suo Salvatore.
Ma celebrare le Quarantore, per la nostra Comunità parrocchiale, significa pregare in adorazione davanti al Signore Eucaristia, abbandonarsi fiduciosi alla sua presenza come preparazione alla Pasqua, come anticipo del Santo Triduo, come predisposizione alla visione del Signore Crocifisso, dove saremo condotti a contemplare l’Amore più evidente.
L’adorazione è immergersi nella grandezza divina, nella Sua gloria, che è sempre trasparente ad una piccolezza.
La gloria è racchiusa nel pane, perché è per noi, che siamo semplici creature bisognose di alimenti vitali, la gloria sarà nella carne del Crocifisso, in cui il pane si trasforma, perché ancora una volta è per noi, che siamo uomini deboli e peccatori.
La gloria di Dio sta nell’Amare, e per amare noi, il Signore ha dovuto farsi piccolo, semplice, umano. In Dio tutto si abbassa, solo l’Amore rimane incommensurabile.
Qualunque piccolezza mantenga un riflesso di questo Amore  ci parla della gloria di Dio.
Il nostro Amato Gesù, sempre risponde alle invocazioni, il silenzio che si crea nello spazio fra il nostro sguardo e il Corpo di Gesù, esposto sul trono, quel silenzio si fa gioiosa pienezza, la Luce sfolgorante che sconfiggerà la morte, ha la capacità  il aprirci il cuore alla Sua Bellezza.
L’Eucaristia è il cibo che ci sostiene nel cammino del discepolato e ci conforma a Cristo, ma l’adorazione è l’abbraccio degli innamorati, quello stare l’uno per l’altro,  godendo di ciò che si è, e che non ha bisogno di parole.
Nell’adorazione la bocca si schiude  (lo dice la parola) alla meraviglia dell’Amore che esiste per noi, che ha dato tutto per noi, che non si lascia deludere, e non smette di desiderare la nostra salvezza e vuole parlare al nostro cuore.
Il primo atto di fede davanti all’Eucaristia solennemente esposta, è prepararci a credere che la luce della Risurrezione vuole arrivare nella parte più profonda della nostra persona, fino a toccare le corde più sensibili, fino a sanare le ferite più profonde.
Qualunque sia il nostro cuore, duro, malato, ferito, cieco, soffocato dalle distrazioni, dispersivo o incostante, lo sguardo buono e amoroso di Gesù Eucaristia saprà avvolgerlo, consolarlo, dargli sollievo. Perché la volontà di Dio è che nessuno vada perduto. Tutto questo, però, bisogna volerlo come Lui lo vuole. Noi siamo la Sua priorità ma Lui è la nostra ?
L’adorazione Eucaristica apre il nostro cuore ma non solo, è in grado nella preghiera di aprire anche i nostri orizzonti. Il Signore si espone per tutti, la Pasqua è per tutti, non sceglie gli sguardi che devono adorarlo, come non ha scelto gli uomini per cui donare la vita.
Ha salvato tutti, come il sole che sorge sui buoni e sui cattivi. Il sole del suo amore illumina tutte le ombre umane, chiama tutti, desidera il bene di tutti.
Il dono del Pane è un gesto regale, di Cristo re, un dono che fa di tutto l’Universo il suo popolo.
Un gesto propriamente “cattolico”, rivolto al mondo intero, traduzione attuale delle folle evangeliche che Gesù stesso ha sfamato di pane e di Parola.
Stando in contemplazione del Signore anche noi veniamo conformati alla sua Carità universale, come immergersi nel mistero della Passione e morte di Gesù, per riscoprire la fraternità: un amore più forte della propria vita.
Davanti all’Eucaristia noi contempliamo un Mistero nel quale non possiamo entrare, ma che possiamo solo adorare: il Signore amandoci fino alla fine non rinuncia ad essere Dio, ma lo porta a compimento. Tutto si compie in Croce, nelle braccia del Padre, nelle 40 ore nel sepolcro, e infine nella Risurrezione. Tutto è compiuto!
Questo mistero è un amore possibile e si traduce nella carità che possiamo mettere in circolo portando in noi i riflessi di quella luce a lungo contemplata: un amore più forte della morte.
Per realizzare questo ci è donato un pane sovrabbondante, in questa tensione noi lo adoriamo.
Lasciamo che il suo sguardo si posi su di noi e conosca la fame dei nostri cuori: fame di pane e di comunione, fame di consolazione e di senso, fame di perdono e di vita. Scopriremo che la nostra fame non è un disgrazia da riversare nei più diffusi distributori di piacere e illusioni, ma è la verità del nostro essere che va ordinata alla volontà del Signore, l’unico che può saziarci nel profondo e donarci gioia vera, gioia piena.

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Questa è l’esperienza dell’adorazione, l’esposizione ad una fonte eterna che diventa fonte in noi.
Se riusciremo a lasciarci rivestire di questo mistero i nostri volti brilleranno come quello di Mosè dopo aver visto Dio, e un po’ del riflesso di Dio brillerà nei nostri occhi, nel nostro sguardo, nella nostra Comunione con il prossimo che incontriamo, per dare a tutti un po’ di nostalgia di ritornare a Dio.

Tu autem, Domine, miserere nobis !

don Marco Cristofori, Da "La Voce che chiama - Pasqua 2016"