Omelie di mons. Giancarlo Crepaldi

Domenica delle Palme e della Passione

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,

1. Inizia con questa domenica la Settimana Santa durante la quale siamo invitati a riflettere sugli eventi centrali del mistero di salvezza operato da Gesù con la sua passione, morte e risurrezione. I fanciulli di Gerusalemme accolgono festanti Gesù nel suo ingresso a Gerusalemme. Le palme che essi innalzano sono il segno della gioia e della pace. Essi non sanno che il loro grido innocente e spontaneo sarà presto soffocato dalle grida minacciose dei nemici che urleranno verso Gesù il loro crocifiggilo, crocifiggilo! Gesù inizierà il suo cammino di passione, presentando spontaneamente il dorso ai suoi flagellatori e attuando fedelmente tutto ciò che di lui avevano predetto i Profeti dell'Antico Testamento. Il racconto della Passione di Gesù che abbiamo devotamente ascoltato non è soltanto la storia che Egli ha patito per la nostra salvezza, ma anche il modello di come dobbiamo accettare quella parte di passione che è prevista per ciascuno di noi, come completamento a ciò che manca alla sua passione.

2. L'ingresso di Gesù in Gerusalemme, acclamato re e messia, mostra che Gesù è un re diverso da quelli ricordati dalla storia e atteso da Israele. Gesù non si porta dietro strutture di difesa e di oppressione come sogliono fare spesso i potenti della terra; certamente come erano soliti fare ai tempi di Gesù. Il profeta Isaia l'aveva preannunciato: il tuo re viene a te mite, seduto su un'asina... Ma chi si presenta in questo modo, non ha successo umano: Gesù, infatti, sarà messo a morte. Non ha opposto resistenza, anticipa il profeta Isaia. Non cerca la morte, ma la subisce; la subisce per dare la vita. Questo il paradosso cristiano. I fatti che portano Cristo dalle acclamazioni di festa al Calvario e alla Resurrezione contengono la ragion d'essere di tutta la nostra fede cristiana. Arriva a conclusione una eccezionale avventura, divina e umana, durata tre anni; tre anni di parole e di guarigioni straordinarie, di luoghi gremiti di gente in ascolto e di ritiri solitari in preghiera, di incontri-scontri con leader e intellettuali che non possono prendere le misure a quel Nazareno, che predica una nuova legge dell'amore, che osa chiamare Dio Papà; tre anni che confluiscono in questa ultima settimana di vita, frenetica parabola dentro e fuori le mura di Gerusalemme: centoquaranta ore durante le quali gli osanna si dissolvono in insulti, le palme levate con gioia in alto calano come sferze e chiodi su un re appeso come l'ultimo dei criminali. Poche vicende storiche possono vantare la potenza degli eventi che scandiscono la Settimana Santa e la densità spirituale che quegli eventi significano per noi cristiani. Il Gesù Re che entra acclamato e va al Tempio per lodare Dio passa dalla gioia all'ira contro chi nel Tempio lucra sulla fede. Ma passare dallo sbaragliare i mercanti al guarire in quello stesso luogo ciechi e storpi è già un primo esempio, in quei giorni di passioni umane e Divina Passione, di come per Cristo l'amore copra e superi tutto. Afferma il Santo Padre Benedetto XVI: "Egli non viene come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione. Si dedica a coloro che a causa della loro infermità vengono spinti agli estremi della loro vita e al margine della società. Gesù mostra Dio come Colui che ama, e il suo potere come il potere dell'amore. E così dice a noi che cosa per sempre farà parte del giusto culto di Dio: il guarire, il servire, la bontà che risana".

3. Carissimi, la passione e la morte di Gesù ci inducono a porci questa domanda: perché si muore oggi? La violenza, il disprezzo della vita, le ideologie assassine, la fragilità psicologica, le guerre, le fughe disperate sulle carrette del mare, le malattie procurate, l'inquinamento, le condotte morali aberranti, gli interessi del potere economico e politico, l'egoismo. Impossibile fare ordine e indicare priorità. Nel secolo che si è appena concluso gli Stati hanno firmato dichiarazioni di diritti per tutti: diritti universali dell'uomo, della donna, dei bambini, delle famiglie, dei nascituri, degli handicappati, delle piante, delle acque, dell'aria, dei gatti e dei cani... Diritti per tutti e nessuno ha più doveri. Si parla tanto di valori, ma spesso si tratta di enunciati che restano campati in aria. Di fronte a prospettive di vita tanto compromesse e incerte da una cultura di morte, i cristiani sanno che la storia personale e collettiva è sotto il segno della croce gloriosa di Gesù. "Con la Croce - afferma Benedetto XVI - Gesù ha spalancato la porta di Dio, la porta tra Dio e gli uomini. Ora essa è aperta" e interpella ogni uomo, non importa se credente, con queste parole: "Se la Parola di Dio e il messaggio della Chiesa ti lasciano indifferente - allora guarda a me, al Dio che per te si è reso sofferente, che personalmente patisce con te - vedi che io soffro per amore tuo e apriti a me e a Dio Padre". Carissimi, come di consuetudine, porterete a casa una palma o un rametto d'ulivo: non sono un talismano, né un portafortuna, né un oggetto scaramantico... Intendono ricordarci che lo tenevano in mano quelli che accompagnavano Gesù nel suo ingresso - insieme festoso e doloroso - in Gerusalemme. Nel tenerli in mano confermate il proposito serio di voler camminare con Lui nella vita, quando si è colpiti dal dolore, nella morte con la fede nella risurrezione. Mettetelo bene in vista nella vostra casa e ogni tanto buttateci l'occhio per domandarvi: oggi, in questa situazione sto seguendo e amando Gesù? "A volte - afferma Benedetto XVI - vorremmo dire a Gesù: Signore, il tuo giogo non è per niente leggero. È anzi tremendamente pesante in questo mondo. Ma guardando poi a Lui che ha portato tutto - che su di sé ha provato l'obbedienza, la debolezza, il dolore, tutto il buio, allora questi nostri lamenti si spengono. Il suo giogo è quello di amare con Lui. E più amiamo Lui, e con Lui diventiamo persone che amano, più leggero diventa per noi il suo giogo apparentemente pesante".

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