Se uno vuol essere il primo sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti

Omelia di don Romeo Maggioni

Domenica si parlava della croce come del distintivo del cristiano. E finché si intende parlare, per croce, di sofferenza e morte,... si fatica a capire, ma alla fine ci si rassegna; in fondo sofferenza e morte sono patrimonio "naturale" della nostra precarietà di uomini. Tanto più che croce richiama risurrezione: vivendo anche noi il modo con cui Gesù ha affrontato sofferenza e morte, possiamo sperare di avere anche noi la sua stessa sorte di risorti.

Ma oggi Gesù rincara la dose, e parla un linguaggio così controcorrente che diventa veramente difficile capirlo e seguirlo. La croce non è solo la sofferenza che ti capita e la morte, ma è uno stile di vita che devi scegliere tu: quello del servizio e del dono completamente in perdita. In un mondo che fin dall'adolescenza ti educa alla competitività per avere un posto di prestigio e di potere..., questa proposta diventa insostenibile, non più credibile.

Eppure la parola di Gesù è esplicita: "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti". Forse abbiamo tutti ancora una grande conversione da fare, e magari anche una correzione da apportare alla idea che ci siamo fatti di Dio.

Gesù annuncia oggi per la seconda volta che Egli sta "per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno", rettificando così le idee di grandezza che gli uomini si sono fatti di Dio. Quando essi immaginano Dio, se ne fanno una immagine di capo, di padrone, di Essere onnipotente. Notiamo però che il nostro "Credo" non ci fa dire: Credo in Dio onnipotente, ma "Io credo in Dio, Padre onnipotente". L'onnipotenza di Dio è quella dell'amore, della paternità. Il primato di Dio non è un potere di dominio, ma di servizio. E nella Passione, verso la quale avanza liberamente, Gesù s'è veramente fatto "l'ultimo di tutti e il servitore di tutti". La croce è la sola vera immagine di Dio. E' vero che Dio è il Primo, il più Grande...., ma nel servizio, in un amore imbattibile.

Bisognerebbe anche aggiungere che non esiste al mondo essere tanto capace di servire quanto Dio: perché egli è l'Amore assoluto, l'assoluta gratuità. Ecco perché Gesù deve correggere continuamente l'idea che gli apostoli si sono fatti del Messia: l'Essere divino, il Figlio dell'uomo che viene come giudice sulle nubi del cielo. Egli invece sta per essere consegnato senza difesa nelle mani degli uomini. Non sbagliamoci anche noi sul Messia, cioè su Dio! Possiamo dire, oggi, di essere capaci di accettare l'apparente assenza di Dio, il suo silenzio, la sua incredibile umiltà e discrezione? Non continuiamo forse ancora a chiedere a Dio che intervenga per trionfare, nel senso più umano del termine?

Gesù s'è sforzato in ogni modo per dare di Sé e di Dio questa immagine di umiltà e disponibilità. La sua vita nascosta a Nazaret per trent'anni ha colpito un giorno Carlo De Foucauld, il quale da allora decise di mettersi all'ultimo posto per non essere da meno del suo beneamato Gesù. Si era messo, Gesù, addirittura al livello e alla compagnia dei pubblicani e dei peccatori perché nessun uomo davanti a Dio si sentisse mai più a disagio. E nel vangelo di oggi si paragona a un bambino, che si presenta sempre disarmato e semplice: "Chi accoglie uno di questi bambini, accoglie me". Un Dio disarmato, fragile e quasi timido è il Dio che noi cristiani annunciamo, perché vuol raggiungere ogni uomo per la porta del cuore, in fiduciosa accoglienza senza sentire disagi o distanze.

Se tale è veramente la grandezza suprema di Dio, non è più possibile pensare diversamente anche la grandezza dell'uomo. "Chi è il più grande?", si dicevano tra loro i discepoli. Nella nostra società è normale cercare una posizione di forza. Capita così anche nel mondo animale, fortemente gerarchizzato: è la legge della giungla, dove i grandi dominano i piccoli, e i forti schiacciano i deboli. Ma Gesù viene precisamente a invertire questa logica: "Chi vuol essere il primo, sia l'ultimo", e che il più grande sia "il servitore di tutti". Parole davvero rivoluzionarie e provocanti, non certo inventate dai discepoli. E' Gesù che ha capovolto le tendenze naturali dell'umanità. Perché non è sufficiente cambiare padrone: se colui che era stato dominato diviene a sua volta dominatore, non cambia proprio niente. E la storia umana è piena di questi pseudo-rivoluzionari che al grido di "abbasso gli sfruttatori" diventano in fretta a loro volta il terrore dei piccoli. Gesù invece propone un'altra soluzione: che il padrone si faccia volontariamente il servitore di tutti! E' rivoluzione da fare all'interno dell'uomo: un cambiamento del cuore.. la rinuncia a dominare gli altri. Il bambino è l'emblema della debolezza: scavalcarlo, o liberarsene, si fa in fretta. E' il povero per eccellenza. Rispettarlo è gesto che esprime gratuità. Farlo nel nome di Gesù significa accogliere Dio stesso.

Un giorno Gesù pose un gesto significativo: lavò i piedi ai discepoli e poi disse: "Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi". E' difficile entrare in questa logica; si dice che gli stessi discepoli "non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni". Solo la grazia di Cristo, cioè la sua stessa capacità di amare, ci può spingere a questa radicale nuova capacità di concepire la vita. Stando alle vite dei Santi - pensiamo oggi a Madre Teresa di Calcutta e alle sue suore - questo è possibile. E' certo che alla fine la nostra vita peserà non tanto per le grandi opere, quanto invece per quel che "avremo fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli", perché lo avremo fatto a Lui!

Dirle queste cose può parere follia, e magari qualcuno ci ride sopra. Ma quando qualcuno li vive sul serio...sanno provocare anche dure reazioni. Il giusto - dice la prima lettura - dà fastidio con la sua semplice presenza, è diverso, turba il perbenismo comune. Merita l'emarginazione.

E' ingenuità pensare che il mondo odia i cristiani perché non sono santi: è esattamente il contrario! E' forse solo perché non lo sono del tutto che il mondo li sopporta ancora un poco!!