Omelia di mons. Gianfranco Poma

Figlio, tu sei sempre con me 

L'invito alla conversione che nel tempo della quaresima ci è rivolto con insistenza, diventa ancora più intenso nella quarta domenica con la lettura del cap.15 del Vangelo di Luca, una delle pagine più belle della letteratura di ogni tempo.

L'incontro sorprendente con Gesù illumina la nostra esperienza interiore personale, per svelare ogni piega più riposta del nostro cuore, raggiungere la verità della fragilità della nostra umanità e per farci incontrare, proprio a questo punto, il volto divino di un Padre che ci ama di un amore gratuito e misericordioso, non per quello che abbiamo fatto, per i nostri meriti e per i nostri comportamenti, ma solo perché siamo i suoi figli: Egli ci chiede soltanto di toglierci le maschere, di lasciarci invadere dalla sua tenerezza. Così, liberati dalle nostre paure, dalle gelosie, dalle invidie, dai sospetti, potremo sentire che la vita diventa una festa nella quale ci scambiamo la ricchezza della varietà dei doni che ci vengono dal Padre. E' meravigliosa la frase che concludendo la parabola, mette in evidenza la frustrante inutilità della gelosia meschina dell'uomo di fronte all'orizzonte infinitamente bello offerto dall'amore del Padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto quello che è mio è tuo. Bisognava dunque far festa..."

Tutto ha inizio dal fatto che "si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo, mentre i farisei e gli scribi mormoravano dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro". Gesù è motivo di scandalo perché profana tutto ciò che è santo e si mescola con ciò che è impuro. Del resto Luca ci ha già riferito il giudizio circolante su Gesù: "Ecco un mangione e un beone, un amico dei pubblicani e dei peccatori". (Lc.7,34)

Gesù l' "amico dei peccatori": è la descrizione più pregnante ed espressiva di chi è Gesù. Essere amico di qualcuno significa amarlo, condividerne le gioie e i dolori, desiderare che diventi ciò che è chiamato ad essere, perdonare i suoi errori per infondergli la speranza di una continua rinascita.

Gesù l' "amico dei peccatori" suscita in loro fiducia e speranza, non guarda in loro il bene o il male che hanno fatto, ma guarda il loro essere più personale, li ama perché vivano.

Gesù l' "amico dei peccatori" è amico di ogni persona umana nella sua singolarità, che solo quando si sente amata accetta il proprio limite come orizzonte che, con l'amore, può dilatarsi all'infinito.

Gesù l' "amico dei peccatori" condivide tutto ciò che è umano e libera in ogni uomo amato la percezione sincera della propria verità: chi non è peccatore? Chi non si ritiene peccatore ha una coscienza falsificata di sé, si chiude nel proprio io, non si lascia amare e blocca la possibilità di crescita della propria vita.

Di fronte a Gesù l' "amico dei peccatori", ogni uomo può sussultare di gioia perché comunque sia la condizione della propria fragilità, si sente amato. E invece l'umanità si divide: "i pubblicani e i peccatori si accostano a Lui per ascoltarlo mentre gli scribi e i farisei mormorano". L'umanità si divide in "peccatori" e "giusti": i "peccatori" sono coloro che non osservano la Legge, i "giusti" sono gli scribi e i farisei, persone pie e fedeli osservanti della Legge, difensori della santità di Dio, ai loro occhi c'è totale incompatibilità tra Dio e i peccatori e quindi, se Gesù viene da Dio, non può frequentare i peccatori.

A questo punto Gesù racconta questa parabola dai contenuti inesauribili, possibile ad essere letta da punti di vista molteplici. Certo, Gesù intende condurre gli scribi e i farisei, esperti della Legge e persone impegnate nella fedele osservanza, che hanno ormai una loro teologia e una loro etica ben definita, a rimettere in discussione le loro certezze teologiche ed etiche: il peccato è solo la non osservanza della Legge? Il peccatore si identifica così chiaramente con colui che non osserva la Legge? E Dio è così facilmente identificabile con colui che abita spazi non contaminati dai peccatori?

Ai pubblicani e ai peccatori che si sono accostati a lui per ascoltarlo e agli scribi e ai farisei che mormorano, Gesù parla per dilatare i loro orizzonti: vuol far loro scoprire un volto di Dio che non conoscono ancora, è il vero volto di un Padre. Già sappiamo che quella che normalmente chiamiamo la parabola del figlio prodigo, in realtà ha il Padre come personaggio principale, un Padre sconcertante per la tenerezza, la gratuità, la sovrabbondanza di un amore che non è proporzionato a nulla.

Questo Padre ha due figli: è singolare come in questa storia, i due figli abbiano un punto in comune, il loro modo di considerare il loro rapporto con il Padre. Essi si sono comportati in modo molto diverso, eppure alla fine, il loro modo di rapportarsi con il Padre è molto simile: il figlio più giovane ha offeso gravemente il Padre, il maggiore all'apparenza si è comportato bene. Ma entrambi hanno fatto dei calcoli. Il primo si è rivolto al Padre dicendogli: "Dammi l'eredità che mi spetta", Gli dà fastidio che il Padre sia ancora in vita...Alla fine pensa: "Tornerò da mio Padre e gli dirò: Non merito più di essere considerato tuo figlio". Il secondo non capisce come il Padre possa manifestare il suo amore per il figlio che si è comportato tanto male: non riesce a capire che cosa significhi l'amore paterno. E si rivolge al Padre che lo supplica (è intensissima questa figura del Padre che supplica il figlio!) rimproverandolo: "Tu a me non hai mai dato niente". Entrambi non sanno gustare l'amore incondizionato del Padre: il loro atteggiamento filiale è concepito in termini di calcolo di beni dovuti e non è una relazione d'amore che dona la vita.

Il Padre è ben lontano dal fare calcoli: non vuol sentire parlare di meriti. E' la rivelazione più sconvolgente di Dio: Gesù è tutto nella sua relazione filiale con il Padre ed invita tutti gli uomini ad entrare in questa stessa relazione. Invita i "peccatori" che nella parabola sono identificati con il figlio minore a non vivere il rapporto con Dio in termini di "colpevolizzazione" e "i giusti", il figlio maggiore, in termini di "giustificazione": la grande novità del Vangelo di Gesù è che il rapporto con Dio è solo rapporto filiale, pienamente liberante. "Figlio, tu sei sempre con me": lasciarsi amare dal Padre significa cessare di colpevolizzarsi e di colpevolizzare gli altri, di giustificarsi e di giustificare gli altri e cominciare a vivere una esistenza di assunzione di piena responsabilità filiale, una esistenza pacificata, che passa dalla morte alla vita, libera da sospetti, gelosie, calcoli, pienamente fraterna.