Lettere di Sant'Ignazio di Antiochia
Di Ignazio conosciamo solo che morì martire a Roma, versando il suo sangue nel circo, dilaniato dalle belve, a testimonianza per Cristo, intorno all'anno 110. Vescovo di Antiochia, venne deportato dalla Siria a Roma al tempo dell'imperatore Traiano. Durante il viaggio, incatenato e vessato da rozzi soldati, scrisse sette lettere, e precisamente quattro da Smirne e tre da Troade, nelle quali risplende la sua tempra eccezionale e la sua grande fede. Da Smirne scrisse alle comunità dell'Asia Minore, Efeso, Magnesia e Tralli; scrisse poi ai Romani, per supplicarli di non fare alcun passo in suo favore presso l'imperatore. Da Troade invece scrisse alle comunità di Filadelfia e di Smirne, e a S.Policarpo, vescovo di quest'ultima città, avendo saputo che era cessata la persecuzione che infieriva contro la sua comunità di cristiani ad Antiochia. Da queste lettere, caratterizzate da uno stile originalissimo, emerge una personalità profondamente religiosa, accesa di un appassionato, mistico amore per Cristo, e da un ardente anelito verso il martirio, e costituiscono un documento molto prezioso, per comprendere la vita e le convinzioni della Comunità Cristiana primitiva.
Lettera agli Efesini
Saluto
Ignazio, Teoforo, a colei che è stata benedetta in grandiosità con
la pienezza di Dio Padre, che è stata predestinata, prima dei
secoli, ad essere per sempre di gloria eterna e di salda unità, che
è stata scelta nella passione vera per volontà del Padre e di Gesù
Cristo, Dio nostro, la Chiesa degna di essere beata, che è in Efeso
dell'Asia, I migliori saluti in Gesù Cristo e nella gioia
irreprensibile.
Lode agli Efesini e al vescovo Onesimo
I. Ho recepito nel Signore il vostro amatissimo nome che vi
siete guadagnato con naturale giustizia nella fede e nella carità
in Cristo Signore nostro Salvatore. Imitatori di Dio e rianimati
nel suo sangue avete compiuto un'opera congeniale. Avendo inteso
che io venivo dalla Siria incatenato per il nome comune e la
speranza, fiducioso nella vostra preghiera di sostenere in Roma la
lotta con le fiere e diventare discepolo, vi siete affrettati da
me. In nome di Dio ho ricevuto la vostra comunità nella persona di
Onesimo, di indicibile carità, vostro vescovo nella carne. Vi prego
di amarlo in Gesù Cristo e di rassomigliargli tutti. Sia benedetto
chi vi ha fatto la grazia, e ne site degni, di meritare un tale
vescovo.
Ubbidienza al vescovo e ai presbiteri
II. Per Burro mio conservo e secondo Dio vostro diacono,
benedetto in ogni cosa, prego che resti ad onore vostro e del
vescovo. Anche Croco, degno di Dio e di voi, che io ho ricevuto
quale vostro modello di carità, mi è di conforto in ogni cosa. Così
il Padre di Gesù Cristo lo conforti con Onesimo, Burro, Euplo e
Frontone; in loro ho visto tutti voi secondo la carità. Possa io
trovare gioia in voi per ogni cosa ed esserne degno! Bisogna
glorificare in ogni modo Gesù Cristo che ha glorificato voi, perché
riuniti in una stessa obbedienza e sottomessi al vescovo e ai
presbiteri siate santificati in ogni cosa.
L'amore nell'unità III. Non vi comanderò come se fossi qualcuno. Se pur sono incatenato nel Suo nome, non ancora ho raggiunto la perfezione in Gesù Cristo. Solo ora incomincio a istruirmi e parlo a voi come miei condiscepoli. Bisogna che da voi sia unto di fede, di esortazione, di pazienza e di magnanimità. Ma poiché la carità non mi lascia tacere con voi, voglio esortarvi a comunicare in armonia con la mente di Dio. E Gesù Cristo, nostra vita inseparabile, è il pensiero del Padre, come anche i vescovi posti sino ai confini della terra sono nel pensiero di Gesù Cristo.
Unione del collegio presbiterale con il vescovo
IV. Conviene procedere d'accordo con la mente del vescovo,
come già fate. Il vostro presbiterato ben reputato degno di Dio è
molto unito al vescovo come le corde alla cetra. Per questo dalla
vostra unità e dal vostro amore concorde si canti a Gesù Cristo. E
ciascuno diventi un coro, affinché nell'armonia del vostro accordo
prendendo nell'unità il tono di Dio, cantiate ad una sola voce per
Gesù Cristo al Padre, perché vi ascolti e vi riconosca, per le
buone opere, che siete le membra di Gesù Cristo. È necessario per
voi trovarvi nella inseparabile unità per essere sempre partecipi
di Dio.
La persona del vescovo
V. Se in poco tempo ho avuto tanta familiarità con il vostro
vescovo, che non è umana, ma spirituale, di più vi stimo beati
essendo uniti a lui come la Chiesa lo è a Gesù Cristo e Gesù Cristo
al Padre perché tutte le cose siano concordi nell'unità. Nessuno
s'inganni: chi non è presso l'altare, è privato del pane di Dio. Se
la preghiera di uno o di due ha tanta forza, quanto più quella del
vescovo e di tutta la Chiesa! Chi non partecipa alla riunione è un
orgoglioso e si è giudicato. Sta scritto:«Dio resiste agli
orgogliosi». Stiamo attenti a non opporci al vescovo per essere
sottomessi a Dio.
VI. Quanto più uno vede che il vescovo tace, tanto più lo rispetta.
Chiunque il padrone di casa abbia mandato per l'amministrazione
della casa bisogna che lo riceviamo come colui che l'ha mandato.
Occorre dunque onorare il vescovo come il Signore stesso. Proprio
Onesimo loda il vostro ordine in Dio, perché tutti vivete secondo
la verità e non si annida eresia alcuna in voi. Non ascoltate
nessuno che non vi parli di Gesù Cristo nella verità.