Ciascuno riceve il dono di manifestare
lo Spirito in vista del bene comune

Al tempo di Gesù gli Ebrei celebravano la festa di Pentecoste per fare memoria del dono della Legge fatto da Dio al suo popolo: su questa festa ebraica si è innestata la Pentecoste cristiana per fare memoria del dono dello Spirito Santo che crea il popolo nuovo. La Pentecoste è la nascita della Chiesa popolo di Dio, non perché osserva la Legge, ma perché vive dello Spirito Santo: appare così la centralità della Pentecoste nell'esperienza cristiana. Il discepolo di Gesù è animato interiormente dallo Spirito santo: non è più la Legge che guida la sua vita, ma lo Spirito Santo, voce che parla nel cuore e forza che rende possibile una vita che va oltre la Legge. La Pentecoste è la festa che fa memoria del momento nel quale i discepoli di Gesù per la prima volta hanno fatto l'esperienza della presenza del suo Spirito che li rendeva partecipi della sua stessa vita di Figlio di Dio. Oggi noi celebriamo la festa di Pentecoste: la Liturgia rende presente per noi l'effusione dello Spirito di Cristo risorto perché rinasca in noi il Figlio di Dio e rinasca la Chiesa come popolo nuovo, animata dal vigore della Spirito di Dio. E' una festa affascinante la Pentecoste: si manifesta nel mondo la incontenibile ricchezza e varietà di Dio, appare la perenne giovinezza di Cristo e la Chiesa rinasce sempre nuova come sposa amata da Cristo risorto.

Leggendo il brano del Vangelo di Giov.20,19-23, riviviamo l'esperienza nella quale i discepoli di Gesù sono rinati come Chiesa ricreata dallo Spirito. Anche noi siamo schiavi delle nostre paure e se analizziamo attentamente la nostra realtà personale e le situazioni in cui ci troviamo a vivere, ci accorgiamo di quali ne siano le radici. Quando pensiamo di poter contare solo sulle nostre forze che sentiamo inadeguate di fronte alla complessa difficoltà del tempo in cui siamo chiamati a vivere, spranghiamo le porte, ci chiudiamo in noi stessi e viviamo sulla difensiva: è la vittoria della paura, è la premessa della sconfitta. In realtà, non siamo soli: tutto rinasce quando cominciamo a credere che "Lui è venuto e rimane in mezzo a noi". E' l'esperienza della presenza di Cristo che risorgendo ha abbattuto il muro della morte: per poter amare "sino alla fine" è "passato da questo mondo al Padre". Il suo amore ha la potenza divina di abbattere i muri sprangati: anche nei cuori più chiusi, anche nelle paure più angoscianti, Lui è presente. Tutto comincia a rinascere quando crediamo che siamo attirati dentro una relazione divina, da un Amore che annulla la paura.
"La pace sia con voi", ripete Gesù ai suoi discepoli: la pace è la pienezza dei doni messianici; quello di Gesù non è un semplice augurio, una esortazione psicologica ma è l'offerta della possibilità che l'uomo da solo non ha, di affrontare le difficoltà della vita, di vincere la paura radicale che impedisce di vivere. E la paura lascia il posto alla gioia, frutto dell'esperienza che il Vangelo descrive così: "E i discepoli gioirono al vedere il Signore". Quando dal profondo della nostra solitudine ci apriamo all'incontro con Lui che viene e rimane con noi, entriamo in una relazione che ci vivifica donandoci la forza per fare nuove le cose e cominciamo a sperimentare la gioia che deriva dal vedere il Signore operante nella nostra vita. Comincia infatti una vita libera dalla paura, non più chiusa in se stessa, sulla difensiva, comincia una vita che diventa " missione": "Come il Padre ha mandato me, io mando voi". Nel Vangelo di Giovanni Gesù parla spesso della missione da Lui ricevuta dal Padre: la sua vita, la sua parola, i suoi gesti, la sua persona è "missione" ricevuta dal Padre, che consiste nel donare al mondo la vita del Padre. Quanto più il mondo si lascia amare e tanto più vive. Il Vangelo di Giovanni è il Vangelo della vita: è stato scritto infatti perché credendo gli uomini abbiano la vita nel suo nome. La missione di Gesù viene da Lui affidata ai discepoli, ma come Gesù ha ricevuto tutto dal Padre, adesso occorre che essi ricevano tutto da Lui. La missione affidata a noi, è la stessa missione di Gesù: non si tratta di realizzare progetti umani ma di donare al mondo la vita, l'Amore del Padre. Per questo Gesù "soffiò e disse: Ricevete lo Spirito Santo." Occorre che nasca l'uomo nuovo, occorre il dono dello Spirito di Gesù risorto che faccia della creatura umana in cui Dio ha soffiato il suo Spirito, un Figlio che viva della vita di Dio e riveli al mondo l'Amore del Padre: lo Spirito è donato perché possa esserci la missione. E Gesù precisa ancora meglio il senso della missione: "A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati". La missione affidata a noi, ancora una volta è la stessa di Gesù: dire al mondo la parola del perdono di Dio, rivelare al mondo il volto di Dio che è il volto del Padre, infinita misericordia, solo dono e perdono. La seconda parte della frase di Gesù: "a coloro a cui non perdonerete." ci colpisce. E' impossibile pensare che la misericordia del Padre possa avere dei limiti: è impossibile pensare che la nostra missione possa essere quella di "non perdonare." In realtà la missione di Gesù non ha limiti e così la nostra: la missione è la passione che ci muove, che muove le nostre parole, i nostri gesti, la nostra persona per annunciare al mondo il dono infinito del Padre. Annunciare l'Amore con la forza dello Spirito Santo, crea il perdono dei peccati e genera un mondo nuovo iniziato in quel "primo giorno" della nuova settimana: è affidata alla nostra responsabilità la missione di non lasciar mancare al mondo l'annuncio del perdono del Padre che ha la forza di creare un nuovo universo.

La seconda lettura della Liturgia di Pentecoste (1 Cor.12), è una meravigliosa descrizione di ciò che ci è dato di vivere quando ci lasciamo afferrare dallo Spirito Santo. Contiene una particolare definizione della Chiesa: è il luogo nel quale "ciascuno riceve il dono di manifestare lo Spirito, in vista del bene di tutti". Per questo esiste la Chiesa e in questo ogni persona trova il senso della propria vita: manifestare lo Spirito Santo, facendo della propria vita un dono per gli altri.

E pure la prima lettura, Atti 2,1-11 è per noi, oggi: in quella prima Pentecoste dopo la risurrezione di Gesù, Gerusalemme è piena di stranieri che parlano la propria lingua, hanno la propria cultura. Gerusalemme manifesta il suo volto pluriculturale irriducibile alla uniformità: solo il fuoco dello Spirito santo rende possibile la meraviglia di capire e vivere l'unità nella pluriformità. "Tutti erano stupefatti e perplessi e si chiedevano: Che cosa significa questo? Altri invece li deridevano e dicevano: Si sono ubriacati di vino dolce" (Atti 2,12)

E noi celebriamo la Pentecoste, accogliamo lo Spirito santo, l'Amore del Padre che ci libera dalla paura e ci fa vivere una vita stupenda, ci dà la passione incontenibile per un mondo ricreato dal perdono, partecipi di un popolo nuovo che è la Chiesa arricchita di ogni dono per il bene di tutti: che cosa ci manca? Nulla, se abbiamo il coraggio di non rimanere aggrappati ai nostri muri chiusi.