Udienza Generale di Paolo VI

Mercoledì 28 Giugno 1972

Domani è S. Pietro. È la festa del primo Apostolo, celebrata a Roma, già fino dal terzo secolo insieme con la festa di S. Paolo, cioè: «quella di S. Pietro in Vaticano; quella di S. Paolo sulla via Ostiense; di entrambi alle catacombe», dove ora si trova la basilica di S. Sebastiano.
Grande festa, a Roma specialmente, come si sa; l’Urbe sembra risvegliarsi nelle sue venerande memorie, tanto più care e stimolanti ora che i recenti scavi e gli studi nuovissimi ci hanno dato la commozione e la gioia della confermata autenticità della tomba e anche delle reliquie dell’Apostolo Pietro, custodite sotto la cupola della Basilica a lui dedicata.
Ma può succedere questo: che la meraviglia e la venerazione delle cose consuete e vicine si attenuano, se la riflessione non ce ne ricorda il senso ed il valore. Bisogna riflettere. E la riflessione, la quale ci porterebbe a profonde e interminabili escursioni nella sacra Scrittura, nella Teologia, nella Storia, nell’Agiografia, e soprattutto nell’Ecclesiologia, ci è facilitata e semplificata, ad uso almeno di questo nostro breve sermone popolare, dai simboli di cui la figura di Pietro è circondata.

IL NOME
A cominciare proprio dal nome stesso di Pietro. Conoscete il racconto evangelico. Chi diede questo nome a Simone, figlio di Giovanni? perché tale era il suo nome originario. Fu Gesù Cristo stesso, che, dopo la dichiarazione ispirata, fatta a Lui dall’Apostolo: «Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo», proclamò: «... e Io dico a te, che tu sei Pietro, e su questa Pietra, Io edificherò la mia Chiesa». Che cosa comporta questa metamorfosi, operata da Cristo stesso, di Simone trasformato in Pietro, e messo al posto della pietra angolare della costruzione progettata da Cristo; posto che solo al Signore stesso deve spettare? Quali concetti richiama, quali doveri impone, quali prerogative conferisce, quali disegni divini rivela, quale ecclesiologia stabilisce, quale prodigio storico permanente annuncia . . . la scelta d’un tale nome inventato ed imposto dal Signore al suo discepolo, il quale, umanamente parlando, non sembrava esservi predisposto? Provate a pensarci.

LE CHIAVI
Un altro simbolo: le chiavi. Cristo a Pietro preannuncia la consegna delle chiavi. Quali chiavi? «Le chiavi del regno dei cieli» dice il Signore. Che cosa vuol dire? le chiavi indicano la potestà, indicano la facoltà di disporre, di aprire e di chiudere per incarico del padrone di casa. Di quale casa? il regno dei cieli, cioè l’economia della salvezza, il disegno misterioso dell’ordine soprannaturale nascosto da secoli e instaurato da Cristo fra Dio e gli uomini. «Il dono delle chiavi è dunque l’investitura del potere su tutta la casa». Pietro, e con lui il collegio degli altri Apostoli, è nominato intermediario necessario per l’accesso regolare al regno dei cieli... Anche questo simbolo così semplice e così chiaro, ma così denso di significato, invita a pensare.

LA RETE
E la rete? la vedete appesa sulla porta della Basilica, stilizzata in forma abbastanza strana, ma che dice il concetto, e tanto basta. Il concetto, qual è? È quello che ricorda l’umile, ma bella professione di Simon Pietro. Egli era pescatore. E Gesù si vale di questa qualifica, relativa al mestiere del discepolo e di altri parimente con lui, per significare sotto la figura della pesca la missione a cui Pietro e gli Apostoli saranno destinati: «Vi farò diventare, dice il Signore dopo Ia sorpresa della pesca miracolosa, pescatori di uomini!». Pescare gli uomini! Cioè: avvicinarli, conoscerne i costumi ed i bisogni, saperli aspettare, sapersi adattare alla loro mobilità, avere l’arte di attrarli, il cuore capace di amarli, la sapienza di convincerli; ecco l’ufficio apostolico, ecco l’esercizio d’un ministero paziente, ecco la prospettiva di un’estensione universale della predicazione evangelica, ecco la tacita promessa di Cristo, che la temeraria impresa di convertire a Lui il mondo potrà avere, non per abilità umana, e nonostante l’ostinata resistenza degli uomini, ma per divina virtù, un insperato esito felice.

LA BARCA
Pietro pescatore ci fa pensare ad un altro segno che lo caratterizza: la sua barca; quella barca sulla quale salì Gesù come sopra una cattedra, ed ivi seduto ammaestrava le turbe «raccolte sulla riva del lago di Genezareth»; quella barca donde Gesù ordinò di lanciare le reti, e furono piene di pesci a tal punto che un’altra barca fu chiamata al soccorso, ma non senza temere che entrambe facessero naufragio, così che Pietro, uomo del mestiere, notò subito il carattere miracoloso del fatto e proruppe in uno stupendo atto di umiltà, cadendo in ginocchio davanti a Gesù ed esclamando: «Via da me, Signore, perché io sono uomo peccatore»; quella barca, su cui Gesù, sedendo a poppa (v’era, osserva Marco forse informato da Pietro, anche un cuscino), misteriosamente s’addormentò; e infuriando un’improvvisa tempesta, i discepoli atterriti lo svegliarono, e Gesù alzatosi intimò al vento furioso di calmarsi e al mare fremente di tacere; e subito fu grande calma; quella barca, che sembra simboleggiare l’aspetto mobile e relativo della Chiesa, che naviga sulle onde del tempo e della storia, e che ancora figura come stemma di Pietro nel sigillo adoperato tuttora per dare autenticità ai documenti più gravi della Chiesa, segnati dall’«anello del Pescatore».

IL GALLO
E ancora un altro segno ci narra la storia di Pietro, il gallo. Quel gallo implacabile che cantò nella notte della negazione, la notte del processo di Gesù, come Gesù aveva predetto: «Prima che il gallo canti per la seconda volta, mi rinnegherai». Pietro uomo ci appare nella sua drammatica complessità psicologica, nella sua fragilità umana; era buono, sincero, era esuberante di sentimenti e di parole; si fidava, così trasportato dal suo entusiasmo, si fidava di sé, Il demonio prevalse su di lui. E subito la paura l’invase, e negò, e mentì alla fedeltà e all’amore: «Non lo conosco!». Per fortuna - oh! quale bontà di Cristo per il suo debole e prescelto testimonio! - Gesù, proprio in quel momento, «si voltò e guardò Pietro»; e tanto bastò per sconvolgere nel rimorso e nel pianto il povero apostolo, che fuggì, ma non disperò. Gesù gli aveva anche predetto ch’egli si sarebbe ripreso e che sarebbe stato poi suo compito di «confermare i suoi fratelli».

Possiamo concludere questa serie di simboli ricordando l’ultimo, quello del Pastore, altro titolo proprio di Gesù, che il Signore risorto, dopo aver fatto salire dal cuore di Pietro tre volte la professione dell’amore, tre volte gli affida la missione d’essere per eccellenza il pastore del gregge di Cristo; il pastore, in sua vece, della sua Chiesa (Io. 21, 15 ss.). Meditate: Pietro Pastore, vivente nei suoi successori, «perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità», nella fede, nella speranza, nella carità!

Chi ora vi parla, esulta e trema rievocando queste immagini evangeliche, relative a Pietro, in cui oggi la Chiesa onora Gesù Cristo; e voi potete comprendere perché. Abbiate allora, Fratelli e Figli carissimi, una preghiera anche per noi, che indegni, ma veri successori di Pietro, tutti di cuore vi benediciamo..