La fortuna di aver un Re

Nella coscienza dei nostri contemporanei il non aver padroni è ritenuto un bene e una conquista. E questo può essere vero, se è riferito ai rapporti tra gli uomini, i quali tutti sono fratelli, e nessuno è autorizzato a diventare signore di uomini. Ma intesa in assoluto l’asserzione è il contrario della verità. Chi non ha un Signore, è schiavo di se stesso, della sua finitezza, della sua insipienza, del suo peccato, della sua incapacità di raggiungere ciò che il suo cuore desidera. Chi non ha un Signore, fatalmente è solo e in balìa di forze estranee e cieche.
Oggi la Chiesa ci invita a riscoprire la gioia e la fortuna di avere un Re; di avere cioè qualcuno che ci sa affrancare da noi stessi, dalle tristi eredità del nostro passato, dalle angosce del nostro limite, dalla disperata condizione di chi conosce di essere effimero eppure ha un’insopprimibile fame di vita eterna, dalla menzogna e dalla falsità delle ideologie, che sono la massima insidia alla nostra più autentica autonomia. Oggi la Chiesa ci invita a festeggiare la regalità di Cristo come il fondamento della nostra piena libertà nei confronti di tutte le persone e di tutte le istituzioni del mondo: proprio perché ci riconosciamo sudditi dell’unico vero Signore, tutte le persone e tutte le istituzioni hanno il nostro rispetto, ma nessuna ha la nostra adorazione; tutte possono sollecitare la nostra collaborazione, ma nessuna può determinare le nostre scelte esistenziali.

Card. Giacomo Biffi, Solennità di Cristo Re, 1986

Gesù, il Figlio dell’uomo, il giudice ultimo delle nostre vite, ha voluto prendere il volto di quanti hanno fame e sete, degli stranieri, di quanti sono nudi, malati o prigionieri, insomma di tutte le persone che soffrono o sono messe da parte; il comportamento che noi abbiamo nei loro confronti sarà dunque considerato come il comportamento che abbiamo nei confronti di Gesù stesso. Non vediamo in questo una semplice formula letteraria, una semplice immagine! Tutta l’esistenza di Gesù ne è una dimostrazione. Lui, il Figlio di Dio, è diventato uomo, ha condiviso la nostra esistenza, sino nei dettagli più concreti, facendosi il servo del più piccolo dei suoi fratelli. Lui che non aveva dove posare il capo, sarà condannato a morire su una croce. Questo è il Re che celebriamo! Indubbiamente questo ci può sembrare sconcertante! Ancor oggi, come 2000 anni fa, abituati a vedere i segni della regalità nel successo, nella potenza, nel denaro o nel potere, facciamo fatica ad accettare un simile re, un re che si fa servo dei più piccoli, dei più umili, un re il cui trono è una croce. E tuttavia, ci dicono le Scritture, è così che si manifesta la gloria di Cristo: è nell’umiltà della sua esistenza terrena che Egli trova il potere di giudicare il mondo. Per Lui, regnare è servire! E ciò che ci chiede è di seguirlo su questa via, di servire, di essere attenti al grido del povero, del debole, dell’emarginato. Il battezzato sa che la sua decisione di seguire Cristo può condurlo a grandi sacrifici, talvolta persino a quello della vita. Ma, come ci ha ricordato san Paolo, Cristo ha vinto la morte e ci trascina dietro di Sé nella sua risurrezione. Ci introduce in un mondo nuovo, un mondo di libertà e di felicità. Ancora oggi tanti legami con il mondo vecchio, tante paure ci tengono prigionieri e ci impediscono di vivere liberi e lieti. Lasciamo che Cristo ci liberi da questo mondo vecchio! La nostra fede in Lui, che è vincitore di tutte le nostre paure, di ogni nostra miseria, ci fa entrare in un mondo nuovo, un mondo in cui la giustizia e la verità non sono una parodia, un mondo di libertà interiore e di pace con noi stessi, con gli altri e con Dio.

Ecco il dono che Dio ci ha fatto nel Battesimo!

Benedetto XVI, 20 novembre 2011