La Luce di Cristo viene a squarciare la notte dell'uomo

La notte di Natale sentiremo risuonare nei nostri cuori una prima parola di consolazione, un primo annuncio della buona novella, che prende spunto dalle parole di Isaia profeta:

1Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. 2Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. 3Perché tu hai spezzato il giogo che l'opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian. 4Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. 5Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace.

È l'annuncio del Natale, la Luce di Cristo che viene a squarciare la notte dell'uomo, l'eternità che entra nelle oscurità della storia e di ogni storia per liberarla e liberarci dai vincoli della morte. Un annuncio lontano nel tempo ma che ci riguarda oggi, e ci vede protagonisti. Un bambino incorniciato da Isaia in un contesto di guerra e di morte: le calzature dei soldati marciano minacciose intorno a lui, e i loro mantelli sono rossi di sangue di mille innocenti. Anche questo è Natale. Questo bambino ci libererà infatti dal giogo che ci opprime, dalla sbarra che grava sulle nostre spalle, spezzerà il bastone di chi tortura, lo scettro dei re potenti e sanguinari, e lo farà prendendo il potere su di sé, sulle sue spalle, il potere dell'amore che perdona. Il bambino che contem- pliamo teneramente nella notte di Natale è colui che abbiano contemplato in croce, nella recente Decennale del Crocifisso, finalmente rivestito di un sorprendente manto regale, il Re a cui è conferito il bastone del comando, la Croce, con le spalle cinte dal segno del potere più forte della morte, che porta iscritto beffardamente il suo titolo regale. Titulus crucis, il motivo della condanna: Gesù il Nazareno e Re dei Giudei. In ebraico le quattro lettere che traducono questo titolo formano anche il nome di Dio. Dio è Colui che si carica di noi come motivo di condanna. Perché il motivo della sua condanna siamo noi. Per questo è Dio, perché è onnipotente nell'amore. Ad essere onnipotenti nella condanna o nella forza ci sono già gli uomini, Dio è onnipotente solo nella debolezza e nel perdono. Il bambino che contempliamo nascere in un clima di terrore e di sopruso, già in fuga dal male, lo ritroveremo, vincitore del male, sul suo trono di grazia, proclamare il suo editto di liberazione: Padre perdonali! E come ora contemplando la culla piena dell'amore di Dio, un amore così costoso, allora contemplando il sepolcro vuoto capiremo che noi, titolo di condanna, siamo diventati per Dio Padre motivo di gloria.

Don Marco Cristofori, da "La Voce che chiama - Dicembre 2011"