La porta della Fede
Il Natale che ci stiamo preparando a celebrare si inserisce
in un anno di particolare grazia, quell'Anno della Fede che il
Santo Padre Benedetto XVI ha inaugurato lo scorso ottobre. E' una
gioia grande essere cristiani, ma la grandezza di questo dono va
riscoperta ogni giorno in maniera nuova, affinché possa plasmare la
nostra vita e renderla sempre più manifestazione dell'amore di
Dio.
Accogliamo le parole del Papa, che nella catechesi del 17
ottobre scorso ci ha indicato un cammino personale e comunitario
per accogliere il Signore Gesù che viene incontro ad ogni
uomo.
Cari fratelli e sorelle, (..) con la Lettera apostolica Porta
Fidei ho indetto questo Anno speciale, proprio perché la Chiesa
rinnovi l'entusiasmo di credere in Gesù Cristo, unico salvatore del
mondo, ravvivi la gioia di camminare sulla via che ci ha indicato,
e testimoni in modo concreto la forza trasformante della
fede.
La ricorrenza dei cinquant'anni dall'apertura del Concilio Vaticano
II è un'occasione importante per ritornare a Dio, per approfondire
e vivere con maggiore coraggio la propria fede, per rafforzare
l'appartenenza alla Chiesa, «maestra di umanità», che, attraverso
l'annuncio della Parola, la celebrazione dei Sacramenti e le opere
della carità ci guida ad incontrare e conoscere Cristo, vero Dio e
vero uomo. Si tratta dell'incontro non con un'idea o con un
progetto di vita, ma con una Persona viva che trasforma in
profondità noi stessi, rivelandoci la nostra vera identità di figli
di Dio. L'incontro con Cristo rinnova i nostri rapporti umani,
orientandoli, di giorno in giorno, a maggiore solidarietà e
fraternità, nella logica dell'amore.
Ma - ci chiediamo - la fede è veramente la forza trasformante nella
nostra vita, nella mia vita? Oppure è solo uno degli elementi che
fanno parte dell'esistenza, senza essere quello determinante che la
coinvolge totalmente? Con le catechesi di quest'Anno della fede
vorremmo fare un cammino per rafforzare o ritrovare la gioia della
fede, comprendendo che essa non è qualcosa di estraneo, di staccato
dalla vita concreta, ma ne è l'anima. La fede in un Dio che è
amore, e che si è fatto vicino all'uomo incarnandosi e donando se
stesso sulla croce per salvarci e riaprirci le porte del Cielo,
indica in modo luminoso che solo nell'amore consiste la pienezza
dell'uomo. Oggi è necessario ribadirlo con chiarezza, mentre le
trasformazioni culturali in atto mostrano spesso tante forme di
barbarie, che passano sotto il segno di «conquiste di civiltà»: la
fede afferma che non c'è vera umanità se non nei luoghi, nei gesti,
nei tempi e nelle forme in cui l'uomo è animato dall'amore che
viene da Dio, si esprime come dono, si manifesta in relazioni
ricche di amore, di compassione, di attenzione e di servizio
disinteressato verso l'altro. Dove c'è dominio, possesso,
sfruttamento, mercificazione dell'altro per il proprio egoismo,
dove c'è l'arroganza dell'io chiuso in se stesso, l'uomo viene
impoverito, degradato, sfigurato. La fede cristiana, operosa nella
carità e forte nella speranza, non limita, ma umanizza la vita,
anzi la rende pienamente umana. (..)
La Chiesa, nata dal costato di Cristo, è divenuta portatrice di una
nuova solida speranza: Gesù di Nazaret, crocifisso e risorto,
salvatore del mondo, che siede alla destra del Padre ed è il
giudice dei vivi e dei morti. Questo è ilkerigma, l'annuncio
centrale e dirompente della fede. (..)
Ma dove troviamo la formula essenziale della fede? Dove troviamo le
verità che ci sono state fedelmente trasmesse e che costituiscono
la luce per la nostra vita quotidiana? La risposta è semplice: nel
Credo, nella Professione di Fede o Simbolo della fede, noi ci
riallacciamo all'evento originario della Persona e della Storia di
Gesù di Nazaret; si rende concreto quello che l'Apostolo delle
genti diceva ai cristiani di Corinto: «Vi ho trasmesso dunque,
anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì
per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è
risuscitato il terzo giorno» (1 Cor 15,3).
Anche oggi abbiamo bisogno che il Credo sia meglio conosciuto,
compreso e pregato. Soprattutto è importante che il Credo venga,
per così dire, «riconosciuto». Conoscere, infatti, potrebbe essere
un'operazione soltanto intellettuale, mentre «riconoscere» vuole
significare la necessità di scoprire il legame profondo tra le
verità che professiamo nel Credo e la nostra esistenza quotidiana,
perché queste verità siano veramente e concretamente - come sempre
sono state - luce per i passi del nostro vivere, acqua che irrora
le arsure del nostro cammino, vita che vince certi deserti della
vita contemporanea. Nel Credo si innesta la vita morale del
cristiano, che in esso trova il suo fondamento e la sua
giustificazione. (..)
Possa il cammino che compiremo quest'anno farci crescere tutti
nella fede e nell'amore a Cristo, perché impariamo a vivere, nelle
scelte e nelle azioni quotidiane, la vita buona e bella del
Vangelo. Grazie.
Molti pensano che sia sufficiente credere alla morale di Cristo per essere cristiano. Non la morale di Cristo, né l'insegnamento di Cristo salveranno il mondo, ma precisamente la fede in ciò: che il Verbo si è fatto carne (Fëdor Dostoevskij).
Da "La Voce che chiama - Dicembre 2012"