"chi vuol esser grande..."

Nella Scrittura appare sovente il grido: Beato..! Beato..! per indicare la condizione di chi vive secondo la volontà del Signore, di chi fugge il male e opera il bene, di chi opera la pace e la giustizia.

La beatitudine non si compie quindi in un futuro lontano, ma si compie pienamente nella vita cristiana, nell’esistenza umana vissuta come Gesù stesso l’ha vissuta.

La vita umana è sempre fragile e povera, racchiusa tra la nascita e la morte, racchiusa tra due misteri insondabili, ma può divenire compiuta se compie il cammino per conformarsi a quella del Figlio di Dio fino a riprodurne le caratteristiche e ad assumerne la destinazione, e può quindi vincere la sua incompiutezza e vedersi salvata.

La salvezza inizia nell’arte che Dio ha di vivere qui con noi sulla terra.

Tratto proprio del vivere di Cristo è stato il servizio, reso a tutti gli uomini e in particolare ai più poveri.

La vita di Gesù è stato un servizio all’uomo in obbedienza al Padre.

Il diacono è chiamato a compiere, con la Chiesa e con la propria famiglia, un cammino spirituale di sequela intenso e fedele.

Il suo servizio e l’amore che lo anima devono crescere e purificarsi misurandosi su Cristo, figlio che crebbe in età sapienza e grazia, e servo che imparò l’obbedienza dalle cose che patì, e in cui il Padre ha trovato la sua gioia.

Il diacono diventa inoltre segno per la comunità che è chiamata a strutturarsi secondo lo statuto che Cristo stesso ha dato, e cioè ad essere luogo dove “chi vuol essere grande tra voi si faccia vostro servitore e chi vuol essere il primo
tra voi sarà il servo (in greco “dulos”, schiavo) di tutti” .

Anche l’etica cristiana inoltre non deriva da un imperativo morale, ma dall’esperienza personale del Maestro e Signore che mi lava i piedi: “Mi ha amato e ha dato se stesso per me” perché anch’io possa amare come sono amato.

Questo è il nuovo comando, la parola che è lampada per i miei passi, luce sul mio cammino.

Il diaconato sia perciò umile, capace di chinarsi ma capace anche di assumersi responsabilità e doveri che risplendano agli occhi di chi cerca una via di pienezza.

Il servizio è comunque un cammino di croce cioè di responsabilità, di fatica esteriore ed interiore, ma non perché sia bello soffrire, bensì perché è doveroso e bello “servire”.

Il servizio sia sincero, perché la carità è una disposizione dell’anima, non un atteggiamento esteriore; sia gratuito, perché di origine divina, spirituale nel senso letterale del termine; operoso, cioè fattivo e universale, rivolto a tutti senza distinzione, e gioioso.

Affidiamo perciò il cammino del nuovo diacono Andrea e di tutti i diaconi permanenti alla guida sicura di colei che nel momento decisivo della sua chiamata si definì “serva” del Signore e alla cui piccolezza Egli l’ha guardata rendendola beata davanti a tutte le generazioni.

Ella a Cana di Galilea, ai servi (diakonoi) del banchetto di nozze indicò una via del tutto simile alla sua: fare quello che la Parola di Dio fatta carne avrebbe detto.

A lei fu affidato il discepolo che Gesù amava, sotto la croce, e in lui ciascuno di noi, perché così prendesse forma e corpo la promessa del Signore: quello che farete a uno dei miei fratelli più piccoli, l’avrete fatto a me.

 Don Marco Cristofori, da "La Voce che chiama - Pasqua 2014"